Quello che le mie parole vorrebbero offrire attraverso questa rubrica è una scorciatoia che ricopra la distanza che a volte ci separa da certi libri. Alcuni non fanno parte della nostra lista dei desideri, e resteranno lontani dalle nostre intenzioni divoratrici, altri semplicemente non li conosciamo, altri li abbiamo sfogliati distrattamente e magari abbandonati perché la nostra vita, in quel periodo lì, correva su binari diversi, e allora l’incontro non è avvenuto. Le mie spremute di grandi classici o di improbabili misconosciute narrative di ieri e di oggi non disseteranno come acqua: hanno lo scopo di refrigerare, come le bibite fresche consumate tutte d’un fiato in estate sotto l’ombrellone, e di stuzzicare l’appetito come un buon aperitivo dovrebbe fare anche in inverno. Fuori di metafora, spero che almeno uno dei miei pezzi vi farà venire voglia di leggere il libro che racconta. Se questo accadrà, il mio obiettivo potrà dirsi pienamente raggiunto. Non aspettatevi schede analitiche o quarte di copertina, troverete una sintesi iniziale della trama, una sorta di mappa per orientarsi in quella città tutta speciale che ogni autore edifica per noi, e a seguire qualcosa di profondamente mio, di cui ogni lettore dovrebbe arrogarsi il diritto: una prospettiva, uno sguardo, una luce, come voleva F. S. Fitzgerald, che vada a posarsi su un oggetto in particolare e lo illumini, spostandosi magari a destra e a sinistra fino a mostrare la struttura segreta delle cose. In fondo, e l’ho sempre creduto, essere attenti lettori ed essere bravi scrittori non implicano forse le stesse qualità? Giusto per non lasciarvi a bocca secca, eccovi una spremuta subito, concentrata e dissetante, che non scomoda il pantheon dei grandi, gli inchiostri nobili dei secoli andati, ma proviene, è il caso di dirlo, dal frutto del mio lavoro. Due anni e mezzo di applicazione espressi in poche righe. La prossima volta, senza preamboli e premesse doverose, vi farò muovere più a lungo nella cittadella senza fortificazioni di un universo narrato. Per questa volta dovrete accontentarvi della segnaletica.
In cielo c’è la Luna di tutti, in terra la mia: la protagonista indiscussa del romanzo che ne racconta, in prima persona, le vicende da un punto di non ritorno, l’aula di un tribunale. Luna ha un alter ego, Lunetta, che al pari della faccia nascosta del satellite non si rivela che a lei, delirante. Fino a quando, come in un novilunio, la faccia apparente diventa nascosta e Lunetta, l’ombrosa sorella mai partorita, prende il comando della vita di Luna, rendendola suo burattino. E noi? Riusciamo a resistere alle forze trascinatrici delle lunatiche parti inespresse della nostra anima?
“L’altra Luna” di Irene Giuffrida, edito Splen Edizioni.
Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.