Con quanta grazia,

divenuta dapprima colore dell’autunno e poi rossa,

abbandoni le braccia paterne che ti diedero vita.

Danzando per l’ultima volta ti adagi ai piedi di chi nutrirai.

Un ciclo infinito che spiega l’eterno.

Soffermarsi a guardare il ritmo della vita che ci circonda può essere un vero e proprio viaggio in un mondo che noi umani sconosciamo.

Ci si stupirà di come tutto ciò che accade è parte di un ciclo perfetto in cui nulla accade che non sia volto alla vita. Spesso inorridiamo dinnanzi alla violenza degli animali in libertà, cuccioli rifiutati o preda di altre specie, anziani abbandonati a morire in solitudine: ma in verità essa ha l’unico scopo di perpetuare la specie, costi quel che costi. Ai nostri occhi così abituati a vedere tutto in un’ottica di dualismo fra bene e male, questo può risultare persino inaccettabile.

Eppure…

Eppure in tutto ciò c’è un che di perfezione: ogni morte dà vita.

Prendete ad esempio una foglia che piano piano diventa rossa per poi ingiallire ed infine cadere giù. È indubbiamente morta ma cade ai piedi di quella pianta che ne farà nutrimento.

Il cucciolo che muore mantiene in equilibrio l’esistenza della sua stessa specie.

Tutto accade placidamente.

E noi? Davanti a questi eventi come ci poniamo?

Ci facciamo travolgere dai perché: domande sciocche quanto umane.

Perché mi accade questo?

Perché non riesco a fare quello?

Dentro di noi sappiamo che sono domande al vento, che nulla possiamo contro gli eventi, eppure le sentiamo dentro cantare come nenia, scavare solchi senza fine.

A volte ci tolgono il fiato a volte sono solo un’eco lontana.

La natura non si fa domande, vive nell’istante e muore consapevole: i momenti belli sono vissuti fino in fondo e quelli brutti con estrema dignità.

Questa cosa che chiamiamo coscienza ci rende la vita un fardello assai pesante.

Se solo facessimo nostra l’idea dell’inesorabilità della vita e la necessità della morte quanta sofferenza potremmo risparmiarci.

Copyright ©️ 2020-2030, “Spazi Esclusi” – Tutti i diritti riservati.