Senso di appartenenza e di rivalsa caratterizzano da sempre il Regno Unito (The U.K.). Formato dalla Gran Bretagna (Scozia, Inghilterra e Galles) e dall’Irlanda del Nord, è un regno che in realtà sottende molte tensioni a causa probabilmente di una potente Inghilterra, troppo dominante sugli altri Paesi. L’annessione più antica fu quella del Galles: già a partire dalla Conquista Normanna (1066) parti del Galles furono gradualmente conquistate dagli inglesi, per poi continuare verso la fine del 1200, quando all’erede del trono inglese fu attribuito il titolo di “Principe del Galles”; l’unione ufficiale dei due Paesi fu poi sancita con le leggi del 1535 e del 1542. Poi fu la volta della Scozia: già alla morte di Elisabetta I (1603), la “Virgin Queen”, mai sposata e senza figli, il figlio di Maria Stuart di Scozia ereditava dalla madre il trono di Scozia e dalla cugina Elisabetta il trono di Inghilterra, in quanto parente più prossimo, diventando Giacomo VI di Scozia e Giacomo I di Inghilterra. Tuttavia l’unione effettiva avvenne con la regina Anna nel 1707 con l’Atto di Unione, che prevedeva la fusione dei due Parlamenti, in nome di un unico Parlamento della Gran Bretagna con sede a Westminster. Infine l’Irlanda del Nord venne annessa solo in tempi relativamente recenti, quando in seguito alla rivolta dell’Irlanda, colonia secolare dell’Inghilterra, sei delle contee dell’Ulster vollero restare sotto il governo britannico, staccandosi dal resto del Paese che diventò la Repubblica di Irlanda, cattolica e politicamente indipendente (1921). La storia del Regno Unito è del resto simboleggiata sapientemente dalla Union Jack Flag, la famosissima bandiera britannica, che vede la sovrapposizione della croce scozzese decussata bianca di S. Andrea su sfondo azzurro e della croce irlandese decussata rossa di san Patrizio, sulla croce rossa inglese di San Giorgio su sfondo bianco. Manca il simbolo del Galles, il drago rosso, perché quando la bandiera fu creata (a partire dal 1600) il Galles era già stato annesso all’Inghilterra.  Detto questo, quanto i paesi britannici si sentono realmente “ britannici”? Il Galles tuttora difende il suo patrimonio culturale, mantenendo viva ad esempio la lingua originale, il Cymraeg (gallese), lingua celtica che viene studiata ancora nelle scuole gallesi ed è usata anche nel quotidiano, soprattutto dalla fascia più anziana della popolazione ed è comunque presente in tutte le indicazioni stradali, nelle insegne, negli annunci pubblici. In tutto il Galles sono esposte le bandiere gallesi e il paese ha pure un proprio parlamento, con sede a Cardiff. Esso dipende da quello britannico, ma vi si discutono questioni e si prendono decisioni più specificatamente locali, per le quali si deve ricevere l’approvazione dal parlamento britannico in alcuni casi o si può agire autonomamente in altri, in base al campo d’azione. Parlando con molti gallesi, si percepisce un senso di insoddisfazione verso il governo centrale, perché si sentono un po’ messi da parte o trascurati, un po’ come succede in Italia con i paesi del Sud. Se andiamo in Scozia poi le tensioni si fanno molto più forti. L’antagonismo anglo- scozzese è di vecchia data e proprio a partire dall’Atto di Unione dei due parlamenti, l’ostilità si accentuò, poiché molti scozzesi si ritennero insoddisfatti della fusione dei due Parlamenti, che di fatto consistette in un inserimento degli esponenti scozzesi nel parlamento inglese. Da allora gli scozzesi hanno difeso la propria identità con le unghie e tutt’oggi varcando il territorio scozzese è tutto molto evidente: si ostentano gli abiti tradizionali, per esempio il famoso kilt, usato dagli uomini durante i matrimoni e altre occasioni ufficiali, tutto è tappezzato di fantasie tartan , soprattutto nei negozi di souvenir, dove trovare un gadget britannico (ad esempio quelli contenenti la famosa espressione “ keep calm and carry on”) è davvero un’impresa. La Scozia inoltre ha un proprio Curriculum Scolastico e una propria Zecca che emette banconote.

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