Nel 2015 un gruppo di genitori, fuoriusciti da altre esperienze associative, entusiasmati dalla conoscenza di un’altra realtà associativa posta in essere a Palermo, fondano a Catania l’Associazione “Famiglie persone down”. Nel 2023, in aprile, si inaugura “La casa della libellula” fiore all’occhiello dell’associazione catanese ed esperienza innovativa a livello nazionale, nata dall’analisi dei bisogni dei membri dell’associazione.
La casa della libellula è un progetto che con apparente grazia, leggerezza, esattamente quelle dell’insetto che ne è simbolo, e con rassicurante gradualità, insegna alle persone con sindrome di down delle lezioni forti, importanti: ad essere soggetti adulti, in grado di badare a sé, sottraendosi al confortante abbraccio familiare per sviluppare autonomia, ascoltare i propri bisogni e accordarli con quelli degli altri, fino a realizzare quella complicata armonia che è sempre l’accordo tra noi e il nostro prossimo. Nasce come evoluzione del progetto per l’autonomia dei ragazzi con sindrome di down elaborato negli anni precedenti, si tratta di una esperienza di vita autonoma a livello abitativo. Lo spiega Stefania Massimino, presidente dell’Associazione di Catania, ai microfoni di Spazi Esclusi. “Questo progetto è finanziato dalla Chiesa Valdese e successivamente anche da IKEA, a cui l’idea è piaciuta moltissimo, e ha come obiettivo insegnare ai ragazzi a gestirsi da soli nell’ambito di uno spazio abitativo, dove loro devono pensare a tutto, dalla pulizia della casa alla spesa, alla gestione della vita familiare, considerando e rispettando le abitudini degli altri. Mettere insieme tutto ciò consente di arrivare a un equilibrio che prescinde dall’ala protettiva dei genitori. Il tutto viene svolto con gradualità, piccoli gruppi di sei ragazzi sono avviati a tale indipendenza abitativa, solo nei fine settimana, per permettere di acquisire lentamente le nuove abitudini all’interno di uno spazio diverso.”
Modificare la relazione genitore figlio, consentendo una trasformazione della stessa, spesso risulta difficile anche per i genitori, abituati ad essere molto presenti nella vita del ragazzo con sindrome di down. Torna dunque necessario il supporto psicologico evidenziato dalla Presidente Massimino, come una delle necessità primarie individuate dall’associazione. “Avere un ragazzo con disabilità intellettiva è una strada in salita, la prima necessità è quella di elaborare l’idea della frantumazione del bambino perfetto, per costruirne un’altra che abbia ugualmente una sua validità”. Questo percorso non può di certo essere intrapreso in solitudine, ma necessita di specialisti, e del confronto con altre famiglie impegnate ad elaborare analoghi traumi. Dall’idea di un’assistenza psicologica si passa al lavoro sull’autonomia delle persone con sindrome di down, impegno che ancora la Presidente sottolinea come prioritario “si tratta qui di autonomia sociale e individuale. Partire dalle attività comuni ai ragazzi, prendersi cura di sé, fare la doccia, vestirsi, fino ad arrivare ad accompagnarli nei percorsi esterni, orientamento all’interno di una città, a volte non semplice anche per i normodotati, e stimolarli verso attività di socializzazione. Poi abbiamo proseguito con altre necessità, dall’arte, la musica ad esempio, all’esigenza di lavorare su aree specifiche.”
Tra gli altri progetti si annoverano il laboratorio teatrale, il laboratorio di musicoterapia, di danza terapia, avviato, quest’ultimo, dopo il lockdown come ulteriore supporto psicologico per rielaborare i sentimenti di malessere e ansia che hanno colpito in quella fase molti adolescenti, e poi un percorso laboratoriale di cucina, organizzato all’interno dell’istituto alberghiero “Rocco Chinnici” a Pedara, in cui i ragazzi sotto la sapiente guida di uno Chef apprendono le più innovative tecniche culinarie. L’inserimento in un percorso lavorativo deve essere realizzato, secondo la Presidente Massimino, solo dopo alcuni altri step fondamentali. Primo tra tutti la completa autonomia del ragazzo, prerequisito fondamentale per poter poi avviare un percorso di apprendimento lavorativo.
Muovere dunque piccoli passi è importante per farne di grandi: gestire ad esempio l’inclusione sulla base di nuove immagini, non viziate da quegli stereotipi sulla disabilità che circolano imprimendosi nelle nostre menti, e che non combaciano in nessun caso con ciò che realmente la disabilità oggi è. Per questo occorre, a detta della Presidente dell’associazione “superare la visione assistenzialistica della disabilità” e conoscere da vicino questa realtà, sorprendente e variegata, come ogni altra realtà, per chi sia in grado di mettersi in ascolto senza alcun pregiudizio.
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Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.