di Eugenio Patanè
Attore, autore e regista. Si occupa di attività laboratoriali e didattica teatrale nelle scuole e presso alcune Comunità Terapeutiche Assistite, a indirizzo psichiatrico. Da anni è impegnato nell’ambito della ricerca e della formazione teatrale in Sicilia.
Ancora una volta è domenica. Chissà perché mi ritrovo a scrivere spesso durante il settimo giorno, sebbene per molti altri sia considerato il primo. Probabilmente perché quando nacqui era domenica o magari perché ho sempre ammirato la sacralità dei riti o forse, più semplicemente, per ragioni di tempo. Domenica, dies solis, ovvero “giorno del sole”, sostituito poi e rinominato “giorno del Signore”. Rinominare; sostituire; parole. Ecco che non soltanto è ancora una volta domenica, ma domandandomi dove io stia andando riconosco – ancora una volta – nella recitazione, la mia univoca direzione. E ancor di più (forse) in quel mirabolante artificio chiamato teatro nel teatro (o metateatro), vale a dire quando uno spettacolo ne contiene un altro, quando la finzione scenica rimanda direttamente al mondo del teatro. Citerò solo due esempi che hanno però cambiato la mia visione del mondo, della vita e dell’esistenza tutta: Amleto di William Shakespeare e Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello. Che cosa abbiano veramente voluto raccontarmi Shakespeare e Pirandello con le loro rispettive opere è una domanda cui tutte le risposte possibili risultano destinate alla frustrazione del dubbio. Certo è che quando mi accostai le prime volte a questi due giganti e al loro reticolo di parole ne fui subito intrappolato, sedotto, affascinato. Inizialmente forse perfino schiacciato. Poi però fu come riuscire a divincolare, sfuggire, raggiungere una zona franca e notare come tutto ciò che accadeva all’interno delle loro opere tendesse a disintegrarsi o svelare; scomporre e frammentare; infrangere, disperdere, intrecciare e alfine sciogliere con una maestria senza precedenti né mai futuri eguali. Non va dimenticato che entrambi furono poeti e tali permangono grazie alle pagine esistenti e ai palcoscenici in cui sono tuttora riportati in vita. Lo sfondo tematico di entrambe le opere è quello delle nostre esistenze: il rapporto fra pensiero e azione. Tra il desiderio e l’esaudimento o no dello stesso. (…) Il gesto sia accordato alla parola e la parola al gesto, avendo cura soprattutto di mai travalicare i limiti della naturalezza; ché l’esagerazione, in queste cose è contraria allo scopo del teatro; dirà Amleto al primo attore nel centro dell’opera (Atto III; scena II). E se potesse intervenire il Padre? No! non dico di Amleto, ma dei Sei personaggi pirandelliani… direbbe piccato: Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? E poi… Se si potesse prevedere tutto il male che può nascere dal bene che crediamo di fare! Ma questo non ci è possibile! Non con precisione! Ci sentiremmo altrimenti dire che la nostra previsione è solo una Finzione! E dovremmo poi gridare come il Padre – ancora una volta – Ma che finzione! Realtà, realtà, signori! Realtà! …e scomparire dietro il fondalino.
Eugenio Patanè
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Nuccia Saverio
16 Giugno 2021 — 20:01
Eugenio ti ho sempre detto che sei nato per fare l’attore, lo scrittore, sei poliedrico e con questo tuo monolo mi ha veramente emozionata!!! Ancora tanti complimenti!!!!