Con gli ingranaggi ancora arrugginiti si ritorna ad oliare la grande macchina del quotidiano: le incombenze, le routine lavorative, le maledette scadenze che la stagione estiva in parte ci aveva consentito di disattendere o rimandare. Ottobre, in tempi di emergenza epidemiologica, è per molti il vecchio settembre. Perché si stenta a ritrovarsi nel confortevole ritmo cadenzato dell’autunno, perché molte cose non riescono ancora a ritornare al loro posto. Così apprendiamo, come solo il saggio Ulisse in un mitologico archetipico tempo, che il ritorno ad Itaca non è mai facile: si rientra in uno scenario tutto cambiato in cui abbiamo perso la corona, e in cui ci attendono imprevisti e prove da superare. In cui sono attive minacce che solo l’astuzia e il buon senso, di cui Ulisse fu simbolo, ci consentiranno forse di debellare. Eppure, va detto, ci sentiamo soli. Perché la normalità, che il più delle volte conforta (come quella coperta leggera che ti accompagna di nuovo, tramontato il sole) ha in sé qualcosa di anormale, questa volta, distonico. Non basta agire come prima per essere di nuovo quelli, compatti e disciplinati. Mancano la fondatezza, la spensieratezza dei gesti, l’essere in relazione, oggi richieste dal rientro al lavoro, ma impossibili da realizzare. Così viviamo, soprattutto, nel tempo del “Ritorno”, tema prevalente del numero (lo scoprirete leggendo) non tanto l’adeguatezza alla norma, il rientro alla tanto evocata “Normalità” quanto lo slittamento tra la quotidianità che esistiamo e quella che vivevamo un tempo, l’inavvicinabile distanza tra ciò che la normalità è e ciò che dovrebbe essere. Così il tempo passato si fa mitico, e la dimensione della nostalgia prevalente. Perché non aprire, piuttosto, gli occhi, prima delle scuole, delle Università, e delle frontiere, e vedendo le cose per quello che sono, non adeguare le possibilità ai rischi, potenziando quelle modalità virtuali e salvifiche oggi esistenti, funzionali e perfettamente in grado di preservare intatto il nostro diritto alla salute? Il diritto all’istruzione, la necessità di incrementare i commerci, il riavvio del settore turistico devono camminare su binari non scollati dalla priorità della sicurezza e salute, valori trainanti in una società civile. Così oggi, questa nuova normalità anormale stride perché si è arresa: ha smesso di elaborare strategie, soluzioni intermedie, salvifiche vie di mezzo. E ipocritamente non trovando altre vie, molto spesso procede sui terreni devastati di ieri, non riuscendo a camminare.
Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.
123movies
30 Gennaio 2021 — 10:56
Great article. I am facing a few of these issues as well.. Florence Agosto Milone