La protagonista Lucia è una sopravvissuta, la cui esistenza solitaria oscilla tra due estremi dissimili rispetto alla sua natura: il padre anziano e la figlia universitaria. Nei ricordi scolpite a fuoco, e dolorose, le figure della madre, del marito ormai distante, e di una cara amica, Doralice, sola superstite di una tragedia, in cui avrebbe potuto essere coinvolta anche lei, e adesso distante geograficamente ed emotivamente.

L’età fragile è quella matura, delle decisioni da affrontare, dei bilanci dell’esistenza: è la stessa che Simone De Beauvoir definiva “L’età forte”. È un tempo che presenta i conti, e dobbiamo pagarli, le volte che non abbiamo insistito, scelto, cambiato le carte in tavola, imposto il nostro essere, e che hanno comunque finito per determinare ciò che siamo, e persino ciò che sceglieremo d’essere, restringendo i nostri orizzonti. Emerge questa dimensione di necessità, forte come una catena di prigionia e sentimento. Il libro è dedicato alle sopravvissute, a chi resta in piedi, incolume dopo una catastrofe, e spicca in apertura una citazione della filosofa esistenzialista, eterna compagna di Jean Paul Sartre; siamo  tutti in fondo sopravvissuti a noi stessi, alla nostra infanzia, adolescenza, ai fallimenti, ai grandi sogni, alle piccole devastazioni private, alle speranze; la protagonista per pura combinazione sfugge a un destino di morte, e resta l’ombra di sé stessa, una donna incatenata al ricordo e ai luoghi di quelle circostanze.  Impotente di fronte all’inquietudine della figlia, alla granitica volontà del padre che interpreta la necessità meglio di lei, ereditata dalla famiglia d’origine e accettata per tutta l’esistenza quietamente, senza domande. E però al tempo stesso, Lucia, di cui poche volte è citato il nome, quasi fosse un’esistenza poliedrica, velata, è l’abile narratrice di un tempo che fu: oscillando tra le due direzioni del tempo della sua giovinezza, e di quella di sua figlia, la narrazione adotta un respiro ampio, a volte asfittico, che si allarga e restringe in relazione ai sentimenti evocati dagli eventi, quasi sempre problematici, del presente e del passato. Le due dimensioni sono anelli di una stessa catena, questo sarà via via più evidente, al lettore, attraverso i risvolti di una storia che sembra porsi molto spesso in primo piano, rispetto all’io narrante che la rievoca, per l’urgenza e l’assoluta necessità di essere raccontata in un altro modo, con un linguaggio diverso da quello della cronaca, attraverso l’intima ottica delle sue protagoniste “sopravvissute”.    

L’età fragile, Donatella Di Pietrantonio.  

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