Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno è un luogo magico per chi come me ama l’intera rosa di affascinanti personaggi che, protagonisti ognuno di piccole grandi storie, rendono ogni capitolo de “I promessi sposi” quasi un romanzo a sé. Le montagne incorniciano un lago dalla conformazione particolare, ricorda una ballerina, un’esile sagoma di donna. La forma singolare evoca nella mia mente una parola troppo spesso data per scontata specie se associata a una figura femminile: libertà. Proprio la libertà sembra fare da protagonista in questi luoghi, in uno in particolare: Mandello del Lario, patria di un noto marchio motociclistico, “Moto Guzzi”, che in questa piccola cittadina a bordo lago ha visto la luce. Qui tutto racconta del suo fondatore Carlo Guzzi, di questa famiglia fortemente legata al territorio e alle sue montagne, dell’evoluzione di un mezzo di trasporto che già di per sé evoca “libertà” e che, per il proprio logo, non poteva scegliere altro simbolo se non un’aquila dalle ali spiegate. Mi muovo tra i cimeli, le motociclette d’epoca, i trofei e i documenti storici, una piccola teca attrae la mia attenzione; lì, protette da un vetro, fanno bella mostra una serie di placchette metalliche, di quelle che un tempo venivano date ai centauri dopo ogni manifestazione motociclistica come la rosa d’inverno a Milano, per esempio, per attestarne la partecipazione. «Alcune di queste sono appartenute a Fanny, sorella di Carlo Guzzi» mi dice una signora alle mie spalle. Mi preparo a salire su una nuova macchina del tempo perché ho la sensazione di essere di fronte a una storia interessante. Voglio saperne di più. Chi è questa donna che nei primi anni del Novecento si aggiudicava placchette commemorative riservate ai motociclisti? Nella mia mente le immagini si fanno di un caldo color seppia ed eccola lì la protagonista di questa piccola grande storia: Fanny Guzzi classe 1896. Una figura poliedrica e decisamente fuori dagli schemi dell’epoca. Laureata in storia dell’arte, insegnante di professione e critica d’arte, come se non bastasse dà lezioni private di inglese e si dedica alla scrittura, in particolar modo alla poesia. Il lato colto, artistico e intellettuale, è solo una faccia di questa medaglia di primo Novecento che è Fanny, l’altra faccia la troviamo a bordo della sua motocicletta, in abbigliamento tipicamente maschile, con un sorriso radioso che sembra bucare l’obiettivo. Non si limita a guidare la motocicletta con una disinvoltura estranea alla maggior parte delle donne dell’epoca, va oltre, conosce tecnicamente il proprio mezzo e se ne prende cura, condivide con i fratelli la passione per i motori, partecipa alle manifestazioni e viaggia in moto. La strada che da San Remo, dove vive per alcuni periodi, la porta a casa a Mandello del Lario è quella che percorre più spesso, come una moderna pendolare. Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che siamo negli anni Trenta, i mezzi non sono i sofisticati gioielli tecnologici di oggi e lei è una donna. Arte, letteratura, motociclette e…montagna. Questo vulcano di donna si cimenta in arrampicate sperimentando nuove vie di ascesa, una di queste oggi porta il suo nome: la “Grigna Fanny”. Non ha un marito e non ha dato dei figli alla patria, è l’esatto opposto della donna che il pensiero del “ventennio” vorrebbe per sé. Fanny è fortemente legata alla propria terra, lotterà per questa, quello di partigiana combattente non è una qualifica che meritano tutti. Ho davanti l’immagine di una donna piena di vita, di interessi, affamata di sapere, attaccata alle proprie radici eppure così libera, che ha vissuto ad ali spiegate, proprio come l’aquila del marchio che da più di cento anni porta il nome della sua famiglia. Guardo le montagne e mi sembra di sentire in lontananza il ritmico canto di un motore antico e una risata femminile, quella di una donna libera come il vento che oggi accarezza il lago.
Ringrazio l’Archivio Comunale della Memoria Locale di Mandello del Lario. Informazioni e fotografie tratte dal volume “GUZZI l’idea che ha cambiato Mandello” A.A.V.V. coordinati da Simonetta Carizzoni edizione a cura dell’Archivio Comunale Memoria Locale-ODV Mandello del Lario, anno 2016.
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Mi chiamo Barbara, diplomata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Perugia, sono da sempre appassionata di Arte e Antiquariato. Amo associare l’idea di viaggio a quella di immersione nell’arte, ritenendo il mondo un prezioso scrigno colmo di tesori. La scrittura di racconti e la compagnia dei libri sono la mia vita ed è a loro che mi dedico con passione perché, citando Umberto Eco, “chi legge avrà vissuto 5000 anni, c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.