Protagonista è l’autrice: o forse la somma destrezza è proprio la capacità di chi scrive di muovere corde profonde in chi legge, sovrapponendo, in un complesso gioco di verità e menzogna, due entità di fatto staccate, scrittrice e personaggio. 

Veronica Raimo, in questo romanzo di formazione al contrario, in cui i riferimenti familiari sono elementi di distruzione, non di costruzione, della personalità che cresce nell’arco delle 160 pagine di romanzo, fino a diventare la scrittrice di oggi, gioca con ogni ricordo, col tempo (perché la narrazione si dilata e restringe) col proprio nome, che anagramma e frammenta in mille immagini con i relativi pseudonimi, da Vero a Oca, da Mutolina a Smilzi, tante donne, ragazzine, bimbe diverse, concentriche come matrioske, che estrae dal cilindro di narratrice con le loro emozioni irrisolte, e che consegna intatte di verità al lettore; eppure risulta chiara la vocazione alla menzogna, qualità di ogni artista, la simulazione, appresa in famiglia (ognuno ha  la sua, suggerisce con altre parole) e l’arte del furto, primo modo d’essere di ogni scrittore. Così ci confondiamo, “Niente di vero” era l’espressione attribuita al diario dell’adolescenza, quella in cui la protagonista fingeva una vita non sua, e raccontava menzogne, per nascondersi dall’invadenza della lettura materna, ma poi finiamo per chiederci: è forse un finto autobiografismo, quello che ci propone, nell’apparente stesura di getto di chi vomita i rospi di un’infanzia complicata, e ha invece abilmente costruito il possibile rispecchiamento delle vicende di vita di ogni lettore? Questo romanzo è per tutti, ma ancor di più per chi ha vissuto un’infanzia negli anni Ottanta, dove gli scenari erano organizzati ad arte dentro cornici perfette, e le famiglie giocavano a essere unite anche in mezzo ai disagi, le incomprensioni, le ipocrisie quotidiane, le cecità sui bisogni dei minori, mai al centro della relazione, ma sempre responsabilizzati e annoiati; l’autrice, con un colpo di mazza queste cornici smaltate le smonta, rivela il marcio, il torbido, e con un linguaggio spesso volutamente inopportuno, irriverente e volgare, racconta quello che  il più delle volte, nelle case, si tiene nascosto.  La verità dietro l’ordinario. Può farlo, perché tanto, ci ricorda il titolo, non c’è “Niente di vero”.

Niente di vero, Veronica Raimo.

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