Si chiama Associazione Italiana Progeria Sammy Basso la ONLUS fondata nel 2005 per incentivare lo studio della progeria, rara malattia genetica – conosciuta scientificamente come sindrome di Hutchinson-Gilford – che causa un invecchiamento accelerato e colpisce un bambino ogni 8 milioni di nuovi nati. E contiene un nome e cognome, quello di un uomo che ha concluso la sua vita pochi giorni fa. Un volto noto, che è stato ammirato in Italia e all’estero non solo per il suo primato – era il più longevo malato al mondo – ma anche per il suo impegno sociale.

La diagnosi di una malattia rara e debilitante ha colpito la famiglia come un fulmine a ciel sereno quando Sammy aveva solo due anni. Non c’era ancora ricerca. Poi nel 2003 un evento inaspettato, negli Stati Uniti vengono identificati il gene e la mutazione specifica che causa la progeria e poco dopo la famiglia decide di fondare l’associazione. Per accendere i riflettori su questa malattia anche in Italia, raccogliere fondi per la ricerca, supportare le famiglie, dialogare con le istituzioni. Attualmente sono circa 130 i casi di progeria riconosciuti nel mondo e quattro di questi sono in Italia. Questo numero è però sottodimensionato in quanto è difficile rintracciare tutti i casi.

Il modo in cui Sammy ha deciso di vivere è stato sorprendente; è riuscito a sfidare le previsioni sull’aspettativa di vita per i malati come lui, coltivando un’esistenza piena e attiva, non arrendendosi e affrontando la sua condizione con coraggio e determinazione. “Si può non essere perfetti, non serve essere perfetti per fare qualcosa. L’importante è fare, e non è mai troppo tardi per fare qualcosa”, ha dichiarato in una delle sue interviste. Con lo stesso spirito ha conseguito i successi della laurea in Scienze naturali, con una tesi che approfondiva il rapporto tra progeria e ingegneria genetica e successivamente della specializzazione in molecular biology. Ha ricevuto premi, è stato ospite in tv in importanti occasioni, il docu-film intitolato “Il Viaggio di Sammy”, in cui si narra della sua avventura lungo la Route 66 negli Stati Uniti, è stato il programma più visto degli ultimi dieci anni su National Geographic Italia. La sua visibilità mediatica e il suo esempio sono diventati un punto di riferimento per chi affronta qualsiasi situazione di difficoltà, non solo per chi soffre di malattie rare. Il suo ricordo rimarrà vivo grazie a messaggi potenti che sono venuti dalla sua bocca e che hanno invitato ciascuno di noi a guardare oltre le difficoltà e a valorizzare ogni singolo momento.

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