Come può l’essere umano resistere al sonno? Forse dormendo mentre non si dorme. L’Università californiana di Santa Cruiz e la Washington University di Saint Louis svelano il mistero dei micro sonni

Rendy Carner nel 1969 si aggiudicò l’ingresso nel guinness dei primati per essere riuscito a non dormire per 11 notti di fila. Pare che l’effetto collaterale riportato da Carner, oltre alla comprensibile stanchezza, fosse una serie di stati allucinatori compensativi. Non è difficile da credere: conosciamo tutti, infatti, la serenità che una nottata rigenerante di sonno profondo può aggiungere alle nostre giornate. Sembra addirittura che dormire sia necessario alla vita più di altre azioni, come ad esempio idratarsi, mangiare. Sulle prime l’impressione è che il sonno rubi del tempo all’esistenza. Ma è davvero così? Afferma la scienza che in una maniera indiretta e misteriosa, piuttosto, sia in grado di donarlo. Alcune vicende umane restano, per questo, ad oggi misteriose, come i casi passati alla cronaca di Paul Kern e di Thai Ngoc, simili per alcuni aspetti. I due uomini, di provenienza geografica e vissuto molto differente, affermavano allo stesso modo di non dormire da decenni, e tuttavia di essere in buona salute. Nel primo caso, si trattava di un soldato ungherese, deceduto poi nel 1955; colpito alla testa da un militare russo durante la prima guerra mondiale avrebbe contratto un importante danno al lobo centrale, e per questo non sarebbe riuscito a dormire per oltre 40 anni. Il secondo caso, all’attenzione della trasmissione “Voyager” già dal 2012, ha invece come protagonista un contadino vietnamita che dopo la tragica guerra del Vietnam avrebbe smesso di dormire, pur restando in ottime condizioni di salute e non provando alcuna stanchezza fisica, per circa 37 anni. Siamo dunque ancora d’accordo su Carner e il suo trionfale ingresso nel guinness dei primati? Di certo questi due uomini, reduci di guerra, sarebbero casi scientifici da analizzare, e in una certa misura nei decenni scorsi lo sono stati. Oggi forse i ricercatori inclinerebbero verso la teoria dei micro sonni, non ancora del tutto dimostrata, per svelare tali misteri.  Pubblicata di recente sulla rivista “Nature Neuroscienze” un’ampia indagine di ricerca dimostrerebbe, a partire da una serie di esperimenti su topi, che anche gli esseri umani, come gli uccelli, i delfini, sarebbero in grado di restare svegli pur mantenendo alcune zone dell’emisfero cerebrale a riposo, nell’articolo si parla infatti di neuroni capaci di immergersi nel sonno per la durata di pochi millisecondi mentre il resto del cervello è ancora sveglio. Veglia e sonno smettono forse di essere opposti? Di certo diventano, alla luce di queste nuove teorie, un intreccio indissolubile e collaborativo di comportamenti complementari, e in alcuni casi inconsci, funzionali alla sopravvivenza.

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