“Se solo voi sapeste.

Se solo sentiste.

Se aveste visto

le mani mie tese,

gli occhi miei colmi,

il labbro mio tremare.

Ma destino umano è quello d’essere estraneo fra i fratelli,

in un continuo anelito d’amore.”

Il male di vivere è un compagno silenzioso che si insinua nelle vite e ci porta dove vuole. Il grido disperato muore in gola e inizia una discesa inesorabile in un buio senza fine. Vorresti fare, vorresti dire ma tutto muore nell’impotenza di un qualsiasi gesto. Perché non si è più padroni del proprio corpo o della propria volontà. Quando arriva nella tua vita quasi ti vergogni perché fra tutti i mali è il meno riconosciuto. All’apparenza sei in forma, ridi, dialoghi ma in verità non ci sei. Il tuo interlocutore non sentirà la tua richiesta d’aiuto perché non hai un braccio rotto o non sei ricoverato in ospedale o al più ti dirà “reagisci, sei forte”: non c’è frase peggiore che il depresso possa sentirsi dire. Così cominci irrimediabilmente a chiuderti, a rifugiati in quella tana che diventa al tempo stesso prigione e culla confortevole.

Se rimane un barlume di anelito vitale si può correre ai ripari cercando l’aiuto di un professionista, sempre che si riesca a varcare la soglia della diffidenza e della chiusura nel ricorrere ad un terapista.

Di tutti gli aspetti negativi che i rapporti umani possono avere a mio avviso l’indifferenza e l’incapacità di ascoltare davvero l’altro è il peggiore.

Non punto il dito perché spesso è difficile capire fra le righe, presi come siamo dai nostri problemi e da una vita sempre di corsa.

Io per prima non ho capito l’ultimo grido d’aiuto di una cara amica e ne porterò il fardello finché vivrò.

Ecco a mio giudizio l’aspetto più devastante dell’attuale società è proprio questo: il male di vivere incompreso.

E’ bene dunque non sottovalutare mai la sofferenza dell’altro perché come scrisse Seneca “Lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto.”

Copyright ©️ 2020-2030, “Spazi Esclusi” – Tutti i diritti riservati.