Una sezione di poesie di Eugenio Patanè, a cui segue una sezione di disegni e poesie manoscritte della madre dell’autore: uno scrigno prezioso di memorie genera un nucleo essenziale profondo, l’idea di un libro dentro il libro, un cuore pulsante che batte dentro la creatività dell’autore, mantenendosi anche così, seppur invisibile, ancora in vita. Segue una “Lettera a Virginia”, riferimento letterario del poeta e custode della misteriosa e rigeneratrice bellezza dell’Arte.
È un libro che va letto per riflettere. È un libro che riflette, al modo in cui fa la luce, suggerendo molteplici sfumature concettuali a chi legge. Si aprono porte nella mente, ricollegando sentimenti e suoni, e ipotizzando un universo di senso che assegni significati nuovi a termini antichi. Molti stati d’animo noti compaiono, ma vogliono qui essere qualcos’altro. La nostalgia, ad esempio: è un sentimento complesso, ci pone in conflitto con noi stessi e la vita, come spiega l’etimo. Se “nostos” descrive un ritorno a casa, trepidante e gioioso, “algos” ci ricorda, con un urlo di dolore, che è ormai impossibile farlo. E il cortocircuito di felicità e sofferenza della nostalgia lascia una scia malinconica che la definizione di Victor Hugo fotografa magistralmente come “la gioia di essere tristi”. Il libro di Eugenio Patanè, “Verso l’orizzonte in (visibile)” si trova proprio in quel luogo poetico in cui si può essere tristi e felici insieme, perché un passato ci percuote con i suoi ricordi meravigliosi, un futuro ci fa palpitare all’idea delle sue promesse ma poi entrambi sanno ricordarci quella linea invalicabile delle possibilità umane, foriera di angoscia. Si rincorrono i sentimenti, sono ora memorie, ora speranze, in questo libro che è un caleidoscopio di emozioni, ma la parte più bella è quella in cui si sovrappongono, gettando luci su ombre e ombre su luci, e ricordandoci la dualità, prima legge del Reale. L’intera raccolta sembra avere il carattere del dono, sono parole-testamento, parole che si imprimono su carta per non scomparire, parole che si offrono alla mente altrui brulicanti di possibilità, come modi d’essere che resistono al tempo, alla dimenticanza. Sono parole dense, che ci ricordano di essere noi stessi carta, veicolo di parole, e noi stessi parole, veicolo di emozioni. Le assenze, e ogni altra esistenza invisibile, giocano in questa raccolta il ruolo delle vere protagoniste: senza invadenza, a piedi nudi, danzano un canto che non sentiamo, ma che ci accompagna per tutto il tempo della lettura, e forse anche oltre, scopriamo leggendo, per tutto il tempo della Vita.
Verso l’orizzonte in(visibile), Eugenio Patanè.
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Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.