È un filo invisibile che avvolge la vita di una donna su tre, fino a stringere come una morsa. Quando però diventa visibile ogni cosa si ferma, quel filo che la teneva stretta al suo persecutore si spezza. Ma è troppo tardi. Lo scorso anno sono state 120 le donne vittime di violenza in Italia. Il 25 novembre si è celebrata “la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne” istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in ricordo di una violenza spietata avvenuta nel 1960 contro le sorelle Mirabal, ammirate nella Repubblica Dominicana per essersi distinte nel tentativo di contrastare il dittatore Rafael Leonidas Trujillo. La loro aperta sfida al regime era costata la detenzione in carcere di alcuni componenti della loro famiglia e la confisca dei beni, e infine il brutale assassinio delle sorelle che riuscirà tuttavia a risvegliare l’indignazione popolare e portare alla fine della dittatura. Anche oggi la violenza sulle donne genera sdegno popolare e militanza politica che però non sempre riescono ad arginare il fenomeno, a trovare le giuste armi di guerra. Una di queste è il supporto in rete, offerto da diverse associazioni, prime tra queste D.i.R.e. –Donne in Rete contro la violenza, la più grande realtà italiana in fatto di violenza contro le donne. Le statistiche sono allarmanti, tra i 10/15 milioni di donne vittime di violenza complessivamente nel nostro paese, e tuttavia non tengono conto dei casi non denunciati, o di quelle forme di intimidazione non così eclatanti ma altrettanto subdole come le percosse, le minacce, le violenze verbali. Questi atti, ad oggi per lo più impuniti si consumano nella maggior parte dei casi nel silenzio delle mura domestiche, e non trovano risonanza sociale. Diventa allora cruciale il ruolo di una giornata che ci inviti a riflettere sul dilagante fenomeno, a diffondere la conoscenza delle varie possibilità di aiuto offerte oggi dai centri antiviolenza, i colloqui personali, le reti di accoglienza telefoniche, consulenze legali e psicologiche, fondamentali per dare supporto alle vittime in procinto di denunciare. Dare visibilità alla giornata vuol dire provare a spezzare quel filo subdolo, prima che la stessa attenzione mediatica si rivolga a un’altra vita interrotta.
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Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.