La perfezione non esiste. Ce lo ricordano gli altri o lo rammentiamo a noi stessi quando le cose non sembrano andare per il verso giusto. Eppure proprio alla perfezione tendiamo sempre: di modelli impeccabili da emulare ci riempie la pubblicità e le occasioni di non accettazione sono a portata di mano se le realtà che viviamo mal si sposano con ciò che la nostra mente ha costruito. Questo fenomeno è divenuto preponderante nell’era del Covid19, la cui straordinarietà ha avuto effetti sulla sfera psicologica ed emozionale dei soggetti più vulnerabili. Gli adolescenti in particolar modo spesso rispondono al disagio cercando un’avventura, una dimensione altra fuori di sé piuttosto che esplorando la loro interiorità, magari supportati dalla psicoterapia. Proviamo a capirne di più sul tema condividendo il parere di un esperto, la Dott.ssa Marinella Nicotra, psicologo e psicoterapeuta analista.
Dott.ssa Nicotra, quali sono le caratteristiche della personalità dei giovani di oggi?
Secondo alcuni ricercatori in campo psicologico uno dei tratti che contraddistinguono la personalità giovanile è il novelty seeking, in quanto ricerca della novità. In realtà il novelty seeking è già presente nell’infanzia con il gioco, ma la massima espressione avviene durante l’adolescenza, in cui l’aspetto dell’esplorazione dell’ambiente interno ed esterno è considerato come il viaggio più importante della vita. Il bisogno della novità in adolescenza si interfaccia con una fase di sviluppo molto delicata, in cui vi sono pressioni ambientali e cambiamenti psicologici e fisici. A volte, purtroppo, questa ricerca del nuovo conduce l’adolescente ad intraprendere traiettorie di sviluppo disattivo come la addiction e il consumo di droghe oppure adattivo come la ricerca della condivisione con i pari o i percorsi di psicoterapia.
A proposito di psicoterapia, è aperto fino alla fine di Ottobre il bando INPS per ottenere il cosiddetto “bonus psicologo”, misura governativa atta a sostenere le spese relative alle sedute (l. n. 15/2022, art. 1-quater, Disposizioni in materia di potenziamento dell’assistenza a tutela della salute mentale e dell’assistenza psicologica e psicoterapica). Sta contribuendo a smorzare la diffidenza verso questo genere di percorso? Quali sono le motivazioni che animano chi si approccia per la prima volta a questa avventura?
Culturalmente si percepisce meno lo stigma dell’essere etichettato come “Pazzo che va dallo strizzacervelli” per chi richiede una consulenza psicologica. Oltre al bonus psicologo molto hanno fatto il cinema e le serie tv come, per esempio, “The Ferragnez” in cui i protagonisti si raccontano attraverso la terapia di coppia. Quando richiedere un consulto dallo psicologo va di moda, é culturalmente accettato e fruibile con meno vergogna. Inoltre, dalla pandemia in poi, è un’esperienza più approcciabile attraverso l’ausilio delle piattaforme online. La motivazione che spinge le persone a contattare uno psicologo è sicuramente in prima battuta il sintomo e quindi la richiesta di aiuto perché esso scompaia. Il sintomo a volte è paradossalmente la parte più sana, come un campanello d’allarme che desta i soggetti facendo loro comprendere che qualcosa non va nella loro vita. Da quel momento inizia l’avventura vera. La diffidenza verso la psicoterapia è quel primo momento di resistenza ed incertezza che si prova a dover lasciare le nostre sicurezze per metterci in gioco, appunto, in cammino.
Rifugiarsi invece in avventure “altre” è una strada più facile da percorrere, per lo meno al principio, rispetto al percorso di psicoterapia?
Purtroppo il fenomeno dell’addiction (come il consumo di droga), secondo le ultime statistiche è sempre più precoce. Certo, si tratta di un’avventura, di un viaggio, ma che noi psicologi intendiamo come una difesa dall’ambiente esterno: non un’esplorazione attiva del mondo circostante che fa paura, ma il cosiddetto rifugio nella mente, secondo il pensatore Steiner. Potremmo definirlo come una sorta di atto onnipotente: l’adolescente può chiudersi in un viaggio in solitaria in cui non è necessario l’incontro e il confronto con l’alterità. All’inizio potrebbe essere una strada più semplice da percorrere, ma nel tempo diventa un circuito da cui è difficile uscire. Il viaggio prevede sempre l’incontro con l’altro e la psicoterapia è questo.
Altre forme di avventura della mente?
Anche il sogno è considerato fin dall’antichità un viaggio: uno stato alterato di coscienza, inteso come un’opportunità per comprendere, avere delle informazioni, per esempio sul futuro. Da Freud, che lo considerava la via regia per conoscere l’inconscio, è definito come un processo creativo che va incentivato in quanto attivo (a differenza del trip indotto dalle droghe). Secondo un’impostazione junghiana esso ha anche un aspetto prospettico e ci indica qualcosa su cui dobbiamo riflettere. Il sogno è un’avventura con immagini, sensazioni, personaggi all’interno di una storia in cui è presente l’autore (che sarebbe il protagonista) insieme alle varie parti di sé.
Cosa potrebbe ancora essere messo in atto per incentivare l’attenzione alla salute mentale?
Chi come me opera nella salute mentale auspica che si lavori soprattutto nell’area della prevenzione e della sensibilizzazione in ambiti come quello scolastico e quello lavorativo in cui è percepito il disagio del funzionamento di un individuo. Fare prevenzione serve perché possibili fattori di rischio vengano intercettati precocemente. Ciò serve sicuramente per il benessere dei cittadini, ma anche per ammortizzare le spese sanitarie. Le misure governative dovrebbero sostenere la cura della salute mentale soprattutto in direzione della sostenibilità ed attenersi al concetto di salute dell’OMS che la definisce non solo come “assenza di malattia”, ma come uno “stato totale di benessere fisico, mentale e sociale”.
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Sono Iolanda, giovane insegnante di Lingue straniere, traduttrice ed esterofila. Ho studiato a Catania e poi a Roma, passando per Madrid. Ci ho messo poco a capire che la mia vita sarebbe girata intorno al mondo della formazione dei giovani. Vorrei che tutti loro imparassero ad amare le culture straniere, oltre che le lingue. Perché gli idiomi sono strumenti che, allo stesso tempo, rivelano integrazione e tutelano identità.