I sogni, si sa, è bello poterli inseguire. Il percorso più volte si prospetta lungo e in salita, soprattutto se cominci a fantasticare in tenera età, ma non ha scadenza: la cosa rilevante è avvicinarsi quanto più possibile alla meta e guardare alle proprie aspirazioni con entusiasmo e con i piedi ben piantati a terra. Hardship of Life, istantanea scattata dal fotografo turco Mehmet Aslan, sembra contenere tutti gli ingredienti della ricetta onirica: un padre e il suo piccolo, profughi di guerra al confine tra Siria e Turchia, anelano alla felicità e mettono in mostra i loro sorrisi, uniti in un abbraccio che rimane saldo e sicuro seppur su un piede solo, in mancanza di equilibrio. Questo insolito ritratto di gioia non è rimasto in Turchia, ma ha commosso il mondo. Ha vinto il Siena International Photo Awards (Sipa) 2021…e siccome l’arte si sposa bene coi sogni, l’evento ha generato un ponte solidale Turchia-Italia. Papà Munzir, mamma Zeynep, Mustafa e le due sorelline sono stati invitati in Italia con un proposito preciso: offrire loro cure specialistiche affinché si riapproprino di quell’equilibrio che il recente conflitto siriano ha loro strappato: il padre ha perduto una gamba durante un bombardamento, la madre in gravidanza ha subito le drastiche conseguenze di un attacco chimico. Perché le guerre, tutte, fanno mancare il terreno sotto i piedi in un tempo piccolo, che si moltiplica infinite volte quando si combatte per ricostruire la normalità.
Mustafa è già stato ospite dell’Ospedale di Siena; la sua seconda tappa è invece Budrio, in provincia di Bologna. E chi meglio del professor Mario Messina, direttore Dipartimento della Donna e del Bambino e dell’UOC Chirurgia Pediatrica dell’Aou Senese poteva descriverci le prime tappe del suo cammino italiano? Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Cosa ha significato per la città di Siena abbracciare questo progetto in collaborazione con la Caritas?
Noi siamo sempre a disposizione di tutti i bambini che hanno bisogno di aiuto e assistenza, mettendo a loro servizio non solo le nostre competenze professionali ma anche tutto l’aiuto possibile per farli sentire come a casa. Abbiamo sempre collaborato con la Caritas e con tutte le ONLUS che chiedono il nostro sostegno.
L’ospedale è un luogo di cure ma anche di accoglienza. Come è stata accolta la famiglia di Mustafa e quali sono state le prime parole tra la vostra equipe e il piccolo paziente?
Più che le cose dette sono stati importanti i nostri occhi, gli incroci di sguardi e le rassicurazioni. Purtroppo in periodo di pandemia, costretti all’uso delle mascherine e senza alcun tipo di contatto fisico, quindi nemmeno le strette di mano, abbiamo imparato a sorridere con gli occhi, rassicurando quindi non solo il piccolo Mustafa ma tutta la sua famiglia che aveva vissuto in prima persona gli orrori e le terribili conseguenze della guerra. Qui in ospedale tutti hanno avuto un pensiero sia per Mustafa che per le sue sorelline, sono arrivati regali, pensieri, disegni, la generosità non è mancata.
Quanto lungo e impervio sarà il percorso di cure che porterà il piccolo Mustafa a guadagnare i suoi primi veri passi?
L’intervento di chirurgia pediatrica a cui è stato sottoposto il bambino a Siena riguarda un altro problema di salute, non legato al problema degli arti. Sicuramente dovrà iniziare un percorso complesso e impegnativo per poter camminare e gli auguriamo davvero il meglio. È un bambino che non ha mai perso il sorriso e sono certo che la sua positività e la sua forza d’animo lo aiuteranno.
Mustafa sta inseguendo il suo sogno verso la normalità. Guardando allo scenario internazionale che stiamo vivendo, quale messaggio di speranza possiamo rivolgere ai bambini, ai più fragili dilaniati fisicamente e psicologicamente dalla guerra nella vicina Ucraina?
È importante spiegare ai bambini cosa è una guerra, cosa può provocare, perché accade. Bisogna farlo in maniera semplice e con dolcezza perché è necessario prepararli non solo a capire immagini e filmati che si vedono continuamente in televisione ma anche per renderli pronti ad accogliere, nel migliore dei modi, i bambini che provengono dalle zone di guerra e che dobbiamo essere tutti pronti ad abbracciare. Il messaggio più importante è che i bambini devono essere rispettati come bambini e nessuno deve togliere loro la spensieratezza, l’allegria e la voglia di sorridere. Noi in ospedale facciamo e faremo tutto il possibile per rendere sempre concreto questo messaggio.
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Sono Iolanda, giovane insegnante di Lingue straniere, traduttrice ed esterofila. Ho studiato a Catania e poi a Roma, passando per Madrid. Ci ho messo poco a capire che la mia vita sarebbe girata intorno al mondo della formazione dei giovani. Vorrei che tutti loro imparassero ad amare le culture straniere, oltre che le lingue. Perché gli idiomi sono strumenti che, allo stesso tempo, rivelano integrazione e tutelano identità.