Si fa presto a dire Natale, poi guardando a fondo si scopre che ogni nazione ha i suoi modi speciali di celebrare la festa più fredda ma anche più calorosa dell’anno. Se nelle nostre case, sui camini, e arrampicato come un ladro ai balconi troneggia il rosseggiante paffuto Babbo Natale, nel Nord Europa si celebra ancora San Nicola, da cui nasce il personaggio anglosassone di Santa Claus, amante piuttosto delle ipnotiche tinte del blu. Il suo arrivo precede quello del nostro amato nonnino: il 6 dicembre è già sui tetti a consegnare regali a domicilio, col suo cavallo bianco, e scaccia i demoni della notte: così gli olandesi assistono alla vittoria del Bene sul Male addentando Kruidnoten, deliziosi pasticcini tipici della festività. Poco dopo, il 13 dicembre, culmina in Svezia il periodo della preparazione natalizia: la processione di Santa Lucia celebra la vittoria della luce sul buio, che è anche condizione climatica del territorio. Non resta, alla vigilia, che attendere l’arrivo del Tomte, un folletto che protegge casa e famiglia, davanti a un buffet di dolci e piatti della tradizione. Perché dovunque il proprio premio, che venga da un simpatico vecchietto o da una buffa nonnina, da uno spiritello dispettoso o da una copia di Gesù bambino, lo si aspetta a stomaco pieno, e brindando con parenti stretti e amici cari. Nei paesi slavi, il nostro Babbo diventa Ded Moroz: un “nonno glaciale” che scivola in slitta sulla neve per consegnare doni ai bambini. In Argentina è invece tradizione celebrare “I tre Re”, soprattutto i bambini trovano le loro scarpe, la mattina del sei gennaio, piene di caramelle e dolci, in segno del passaggio dei Magi, sulla strada per Gerusalemme. Storie simili sono reinventate, rielaborate e riscritte, hanno un’unica luce che si riflette su mille colori, e altrettante lucine intermittenti…come quelle del nostro albero, celebrato dalla canzone universale ma di origine tedesca “Oh Tannenbaum”: milioni di variopinte tradizioni ed espressioni linguistiche e culturali per un solo grande Natale.
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Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.