di Irene Giuffrida
Passione, determinazione e coerenza: questo comunicano le parole di Enza Arena, pasticcera vegana e divulgatrice instancabile della sua Arte. Una donna che ha reso vita e professione perfettamente armoniche poiché entrambe improntate su scelte sane ed eticamente sostenibili.
Come nasce la decisione di specializzarsi nella pasticceria vegana a base vegetale?
Ho sempre visto la pasticceria come una forma d’Arte; la decisione di intraprendere un percorso orientato al mondo Vegan è stata dettata da motivi personali, di salute, avendo dovuto io per prima, in un determinato periodo della mia vita, eliminare dalla dieta alimenti di origine animale. Da lì è iniziato un percorso che mi ha portato a mantenere la scelta vegan come scelta di vita. Da “cliente frustrata” io stessa, mi sono resa conto che c’era un problema di formazione del personale, per cui la scelta di fare consulenza e la produzione dolciaria vegana sono diventate parte della mia missione. Al giorno d’oggi la formazione del personale, al di là della tipologia di ristorazione che si è scelto di fare, è fondamentale.
Quali vantaggi offre questa scelta, per un pasticcere professionista?
La scelta vegan, l’esclusione a priori di alimenti di origine animale, è una filosofia di vita; in Sicilia siamo molto avanti rispetto ad altre regioni del Sud, i dati statistici riportano un aumento del veganesimo; nel Nord è decisamente diffuso, poi le intolleranze sono ormai presenti quasi in ogni famiglia: quando soprattutto un genitore cerca per il figlio un dolce, e poi finisce per apprezzarlo più della sua versione tradizionale, questo è il più importante riscontro, perché al di là della scelta o della problematica la persona ritorna perché il dolce è buono. Il settore di nicchia può dunque avere la sua facilità, ma arrivare alla meta è a conti fatti più faticoso, si tratta di una vittoria meno diretta. Può forse esserci meno competizione ma bisogna comunque convincere il cliente, abituato ai sapori tradizionali. La pasticceria vegan non pone limiti alla creatività. Le basi di pasticceria tradizionale sono necessarie, con quelle ho iniziato. Ma la scelta, dettata dall’amore per ciò che si fa, mi ha condotto dove sono oggi. Si tratta di una continua sfida: si cerca di ottenere un prodotto che sia il più vicino possibile a quello tradizionale: al di là della scelta vegan o delle motivazioni di salute che spingono ad assumere determinati prodotti, c’è sempre il ricordo del dolce tradizionale. Molti clienti ne conservano vivo il sapore e quando si trovano nella condizione di non poter più mangiare quel prodotto, sono alla ricerca di un prodotto simile; se riescono a soddisfare quel bisogno con un dolce vegan in linea con le loro esigenze sono felicissimi. Alcuni prodotti invece offrono sapori nuovi, ad esempio, adesso va molto di moda la pasticceria francese, o altri prodotti di tradizione estera come crostate moderne, mousse, creme bavaresi, assenti nella nostra cultura locale ma molto sfiziosi, novità che una volta provate, pur non evocando alcun ricordo, vengono apprezzate e poi richieste.
Quanto conta l’estetica in un dolce?
La pasticceria è scienza, ma anche Arte. Un dolce prima si mangia con gli occhi, poi con il resto dei sensi. L’impatto visivo è prioritario. La nostra linea estetica è per scelta minimal: non eccediamo con le decorazioni, l’occhio sarebbe disturbato dall’eccesso di colore. Manteniamo l’essenziale in maniera curata ed elegante.
Cosa ha significato il cibo per Lei?
Il legame col cibo nasce nell’infanzia, io ripropongo certe atmosfere vissute, cerco in fondo di mettere qualcosa che mi appartiene in ogni dolce che creo. I dolci di Natale hanno ad esempio un ruolo speciale nei miei ricordi di infanzia: biscotti ai fichi, buccellati, rame di Napoli, paste di mandorla prodotti che ripropongo con piacere nella versione vegan.
Lo spettro della tradizione, il possibile confronto con la versione originale del dolce sono dunque i primi ostacoli da affrontare in questa sfida verso l’innovazione e la proposta di un’offerta più ampia e compatibile con le diverse esigenze. Cosa la guida quotidianamente verso i suoi obiettivi?
Sicuramente il pensiero che in tavola ognuno, con le diverse esigenze, deve essere accontentato. Vegano, onnivoro, intollerante. La più grande soddisfazione è poi vedere come anche il tradizionalista, lo scettico, accostandosi alla mia pasticceria resti appagato e ritorni ai miei dolci, semplicemente perché sono buoni. L’esclusione di chi ha esigenze legate a motivi di salute va superata, l’obiettivo è includere nel migliore dei modi chi per un motivo o per un altro si deve privare di determinati alimenti. Proprio nel contesto di convivialità di un banchetto è davvero brutto lasciar fuori chi ha un’alimentazione diversa. Non può esistere esclusione in un banchetto, che è fondamentalmente un momento di socializzazione e condivisione.
Quale episodio significativo del suo percorso vuole condividere con i lettori di Spazi Esclusi?
Ricordo i momenti negativi del mio percorso, gli ostacoli sono stati tanti, affermarsi in un settore di nicchia non è poi così semplice, ma li ho tuttavia vissuti come opportunità di crescita. Gli episodi positivi portano però conferma e motivazione. Qualche anno fa un episodio importante fu l’incontro col famoso maestro Ernst Knam, pasticcere e personaggio televisivo tedesco, che giudicò il mio dolce vegan, una crostata moderna farcita con prodotti tipici del nostro territorio, degno di un secondo posto ad una gara internazionale. Competere con la pasticceria tradizionale, gareggiare con un dolce fuori linea, e ottenere questo risultato, mi ha dato forza e motivato enormemente. Fare bene il proprio lavoro ripaga sempre.
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