In mezzo al popolo dei ribelli che dicono No a qualcosa alzando la voce, e di questi tempi, a torto o a ragione, ce ne sono tanti, si impongono all’attenzione gli attivisti del clima: provengono da tutta Italia e sono scesi in piazza a Milano, coi loro cartelli e le facce arrabbiate, dietro la non più bambina Greta Thunberg, che manifesta il suo disprezzo per le vuote chiacchiere della politica con lo studiato e universale “Bla bla bla” che le sentiamo declamare con tono risoluto e recitativo. Voleva arrivare proprio a tutti. E così ha manifestato il suo fastidio per l’inazione, la sua rabbia per le perplessità dei politici, e per la loro non incisività con tre parole fumettistiche che non richiedono di certo l’uso del vocabolario. Tratte dal linguaggio dell’infanzia, per ricordare i diritti dell’infanzia. Qualcuno ha detto che proprio quel bla bla che scimmiotta con studiata saccenza è l’essenza della nostra democrazia, il necessario dialogo. Qualcuno invece l’ha trovata ancora rappresentativa di un’esigenza forte e spesso calpestata, eterno simbolo dei giovanissimi e della triste eredità di un mondo che soffre. Quello che di certo arriva a chi osserva, da uno schermo o no, il palco della manifestazione Fridays for future, è la volontà arrabbiata di un cambiamento che vuole avanzare da sé, perché non ha più stima della classe politica. Al di là dei giusti contenuti, dei livori fertili, dell’esserci per le idee belle, per un miglioramento collettivo, resta prepotente, appiccicato addosso a noi che assistiamo al suo intervento, una sfiducia per la politica e la sua capacità di essere questo cambiamento, di dare risposte, filtrare esigenze e valorizzare angoli di mondo virtuosi. “Il diritto di arrabbiarsi e scendere in piazza” sembra più che mai oggi fortemente oppositivo, non collaborativo. E così la giovane fondatrice del movimento globale ambientalista per la lotta al cambiamento climatico incarna la nuova tendenza mondiale: lo scetticismo verso l’azione politica, la disistima verso le istituzioni e i loro ponderati passi. Spinge o condanna? Strategia o posizione che sia, trovo questo scollamento tra cittadini e Stato un fatto e forse ha le sue ragioni, ma di certo può essere la pericolosa crepa… il setaccio largo da cui rischia di passare anche il peggio.
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Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.
antonio platania
16 Ottobre 2021 — 07:20
..arguta riflessione sfuggita ai piu’..