NA MU MYO HO REN GHE KYO
Se la preghiera fosse un monte, questa sarebbe la cima.
Più o meno questa l’immagine, forte, luminosa, che fornisce il monaco giapponese buddhista Morishita, di questo “suono significativo”, mantra, impossibile da tradurre con parole umane.
Non basterebbero migliaia di vite, afferma sorridendo, e il riso è percepibile nella voce pacata.
È questo il suono che insieme al battito ritmato di un tamburo accompagnava le manifestazioni per la pace, un alzare la voce– mi dice- contro le basi missilistiche diffuse a livello mondiale.
La più grande, qui in Europa, è presente a Comiso, città in cui il monaco si è traferito dopo aver attraversato buona parte del mondo a piedi, sempre accompagnato da correnti pacifiste e manifestanti di ogni religione, cultura e credo.
Ce ne sono altre europee degne di nota a Londra, Milton Keyenes, e a Vienna. Ma il fenomeno di erigere costruzioni simili si presenta già all’indomani delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, in particolare dopo la seconda guerra mondiale. Ne esistono settanta in tutto il mondo.
Mi accoglie nel piccolo tempio buddista adiacente alla Pagoda della Pace, costruita da lui stesso, consacrata il 7 luglio 1997 e oggi simbolo dell’umanità sana, che non si arrende alla guerra, ma combatte pacificamente e diventa punto di riferimento assoluto per gli altri. Si innalza come una sfida proprio nella piana di Comiso, in posizione adiacente alla ex base missilistica e in contrapposizione con essa.
Morishita è cordiale, ospitale. Mi offre un cuscino. Batte il tempo sul tamburo, insieme recitiamo il mantra che tante volte ha declamato a gran voce, una nota che si è fatta orchestra, la sua arma, sua e di tutti quelli che hanno fatto propria la sua missione, e unito alla sua la propria voce.
NA MU MYO HO REN GHE KYO
La recitava anche Gandhi, il padre dell’indipendenza dell’India. Oggi risuona nelle cerimonie che lo ricordano, ogni 2 ottobre e 30 gennaio, date di nascita e morte. Da tutto il mondo arrivano studenti, giovani che vogliono seguire l’esempio della non violenza e studiano nel centro a lui dedicato, in India, dove esiste un’altra importante Pagoda della pace.
Il nostro capo spirituale ha lavorato tutta la vita per Gandhi e proprio Gandhi l’ha denominato maestro spirituale attribuendogli il nome che significa proprio questo.
Sfoglia riviste importanti, articoli a lui dedicati e me li mostra come testimonianza della realtà che narra, l’esistenza a livello mondiale di un popolo della pace che marcia contro la cultura della guerra. Negli anni ottanta le tensioni tra i militari americani e i manifestanti accampati intorno all’aeroporto per occupare la base hanno creato scontri, molti sono rimasti feriti, altri sono stati arrestati, ma lo smantellamento del campo è proseguito fino alla riconversione della base. Morishita parla di “contingenti” riferendosi ad eserciti di singoli e gruppi con l’obiettivo di innalzare i valori della pace. E rievoca, per “Spazi Esclusi” alcuni miliari episodi della sua missione.
Ho dedicato tutta la mia esistenza alla pace nel mondo. Monaco sin da giovanissimo ho iniziato a protestare contro le armi nucleari, ed essendoci qui a Comiso la più grande base missilistica ho organizzato una marcia a favore della pace. Avevo già manifestato in America, marciando da New Orleans fino a New York e quasi un milione di americani hanno preso parte, oltre ai manifestanti giunti da Svezia, Finlandia, Mosca. Ho incontrato il presidente della Pax Cristi, i fondatori dei movimenti non violenti e in ultimo mi sono trasferito a Comiso, dove vivo da circa dieci anni, organizzando marce della pace importanti anche qui tra Palermo, Cefalù, Catania. Per quasi trent’anni, ogni giorno non ho fatto altro che camminare, per conseguire obiettivi umanitari. E camminando, ho vissuto una vita pienamente spirituale.
Foto di Irene Giuffrida
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Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.