Propiziare la fortuna non è cosa da poco, perché per quanto lei appaia eterea, volatile e imprendibile, cosa certa è che esiste. Provate a vivere senza, e vi accorgerete della differenza, sarete anzi pronti a testimoniare la sua realtà, almeno quanto Anselmo con la prova ontologica affermava quella di Dio: con accanimento e forse qualche istruito oppositore. Tra i vari archetipi universali indubbio simbolo di buona sorte ce n’è uno presente in tutte le tradizioni: catalizzatore perfetto e ammaliante magnete, ci corre sopra il cavallo nelle sue sfide vincenti sin dal Medioevo, età in cui iniziamo a conoscerlo nella sua funzione pratica e in quella propiziatoria. Analizzando la simmetria delle due verrebbe da chiedersi se buoni ferri portassero abbondanti raccolte e dunque per questo l’utensile più usato dagli allevatori sia diventato simbolo di buona fortuna. Che il cavallo ferrato presentasse frequenti malattie pare attestato da diverse fonti e tuttavia trascurato del tutto dalla superstizione popolare che disincarna lo strumento e lo rende indicatore di esito fausto sempre e comunque. Come il cavallo apparteneva al padrone così il ferro resta comunque del proprietario: inutile rubarlo, la sua azione si incollerà sempre al legittimo possidente se pur lontano chilometri e chilometri, come a dire…è inutile che corri, alla propria sorte non si sfugge! Tradizioni divergenti indicherebbero però la possibilità di ricevere maggiore fortuna nel caso di casuale ritrovamento; la fortuita scoperta di un oggetto fortunato potenzierebbe dunque l’azione benefica, o l’inaspettato incontro sarebbe esso stesso proiezione di buona sorte nell’oggetto?
Chissà poi quanto il soggetto, la tradizione, le esperienze pregresse contino nell’attribuire quell’aura incantata a oggetti di uso comune, trasformando cose materiali in misteriosi amuleti. Di certo conta molto l’evocazione, e la forma del ferro suggerisce quella mezzaluna tanto cara alla cultura orientale: una potenzialità destinata alla crescita, alla fertilità, alla perfezione della pienezza. A guardar bene, qualcuno dice, il ferro di cavallo può somigliare agli organi genitali femminili, usati, al pari di quelli maschili, in età romana come scaramantico graffito sui muri per attirare benevoli destini. Gli appassionati di aneddotiche ed esoterismi fanno risalire la leggenda del ferro di cavallo elargitore di beni a un mitico patto tra il demonio e un fabbro: questi sarebbe riuscito a ferrare, di sorpresa, lo zoccolo di Satana che sarebbe poi stato liberato con la solenne promessa di non addentrarsi mai all’interno delle porte protette dall’amuleto in questione: ecco allora l’oggetto acquisire potere di custodia e astuzia ma attenzione, se fissato al muro con le punte rivolte verso il basso potrebbe rovesciare la simbologia e portare male a chi lo possiede…in questa linea sottile tra bene e male, buona sorte e cattiva si muove l’universo misterioso degli oggetti dotati d’anima dalle culture umane, dalle Religioni e dalla Storia, ma soprattutto dall’immaginazione eterna risorsa che ci permette, nel tempo, di gettare lo sguardo oltre il visibile.
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Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.