Di Barbara Giuliano
Avevamo appena organizzato e concluso un evento che vedeva riunite menti creative, ognuna con la propria eccellenza: pittura, oreficeria, scrittura e tanto altro, quando tutto ha avuto inizio; erano i primi giorni di marzo 2020 ed eravamo fiduciosi che questa calamità chiamata Covid si sarebbe dileguata velocemente così come era arrivata. Abbiamo continuato a fare progetti nonostante le prime chiusure di teatri e l’annullamento di mostre e concerti. Con l’arrivo dell’estate, che ci ha visti quasi liberi, è arrivata anche un’illusione di ritorno alla normalità. Con l’autunno ecco arrivare la conferma: di normalità non se ne sarebbe parlato almeno per un bel po’. Sipari, e non solo, chiusi lungo tutto lo stivale. Fortunatamente la memoria viene sempre in aiuto e ci permette di attingervi per mantenere viva la creatività; ma la memoria non è un pozzo senza fondo e l’assenza di nuovi stimoli rende traballante la più fervida delle menti creative. Ad un anno dall’avvento di questa sterilità culturale sento mancarmi l’aria. Quando ho bisogno di un balsamo per l’anima e dare una sferzata alla vena creativa c’è un luogo dove vado a respirare aria buona: il museo del Castello Ursino, lì ci sono due quadri, Ofelia pazza e Amore e morte, che non mi stancherò mai di osservare, ogni volta scopro particolari nuovi e la fantasia inizia a correre oltre la tela, immaginando storie e luoghi pronti a diventare un racconto. La pinacoteca custodisce tele che, per la mia fantasia, diventano un impareggiabile carburante. Anche vivere la città con gli occhi curiosi di un turista mi aiuta sempre a dar corpo alla creatività; scoprire scorci, architetture, angoli trascurati e bellezze nascoste, non ha prezzo. Ho sempre pensato che osservare l’arte, viverla in tutte le sue forme, aiuta a fare arte. L’emozione di un concerto, la musica che parte dal palcoscenico per arrivare fino al cuore, diventa puro nutrimento per lo spirito. Ecco, il nutrimento, è questo che adesso manca. Il mio spirito creativo inizia a sentirsi debole, denutrito, grigio come un corpo in cui il sangue stia pian piano terminando di fluire. Ho bisogno di ridare quel “femmineo vermiglio color”, tanto per citare Mozart e le sue Nozze di Figaro, alle gote della mia creatività. Osservare e ascoltare l’arte per fare arte. Succede anche a voi? Credo di sì, perché ognuno di noi, nel suo piccolo, è un meraviglioso microcosmo in cui vive una stellina, talvolta minuscola ma pulsante, che chiede solo di tornare a brillare.
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