Secondo un antico detto, in circostanze di tempesta c’è chi costruisce muri per difendersi, chi mulini a vento. A questa seconda categoria appartiene di certo Giusi Pulvirenti, titolare e Direttore tecnico dell’agenzia “Sciality Viaggi”, che nel momento della massima crisi del settore turismo, in piena emergenza epidemiologica, ha saputo convertire la sua attività di vendita secondo un nuovo modello di viaggio, in linea con le mutate condizioni storiche e sociali, traendo enorme beneficio da questa scelta.
Dopo un primo momento di smarrimento, in quel fatidico marzo 2020 in cui ho dovuto rispondere alle tensioni e preoccupazioni dei clienti, mi sono resa conto che la crisi sarebbe durata a lungo e ho pensato di modificare a fondo la mia attività, offrendo un altro genere di svago. Ho così trasformato il turista di massa in viaggiatore, una persona che cerca un’esperienza di nicchia e la assapora pienamente avvalendosi dei cinque sensi. Più forte e partecipata è l’esperienza, più sarà indelebile la traccia che lascerà nella sua memoria. Non è più necessario percorrere una consistente distanza geografica, il viaggio è adesso una vacanza che ha al suo centro l’esperienza. Il piccolo borgo è in grado di offrire un ricordo speciale, anche se sconosciuto o poco ambito come mèta: la sfida è riscoprirlo nella sua peculiarità. Nasce così un turismo di prossimità, essenzialmente locale, unica situazione consentita, che si sostituisce alla classica vacanza all’estero, e non è l’aereo il mezzo di trasporto privilegiato, ma la macchina, in grado di garantire comfort e sicurezza. E nasce una figura di turista nuovo, protagonista attivo che “mette le mani in pasta”.
In che modo, e attraverso quali canali, è arrivata all’illuminante conclusione di dover ripensare a fondo l’offerta piuttosto che rassegnarsi alla crisi del settore e interrompere l’attività?
La mia agenzia opera da sette anni sul territorio di Riposto, piccolo comune nel catanese, e alla sua apertura è stata ben accolta dalle persone che la riconoscono come un punto di riferimento. Il suo nome “Sciality” è un’espressione dialettale che promette divertimento, ed è quello che intendevo mantenere anche in condizioni mutate, poiché far viaggiare e divertire le persone è sempre stato per me, più che un lavoro, una vera e propria mission. La crisi del settore è arrivata dopo un anno più che positivo, il 2019, ci si aspettava addirittura un 2020 in cui la Sicilia sarebbe stata prima regione d’Italia per il turismo, ma l’epidemia e le misure restrittive hanno interrotto questo andamento. Mi sono ritrovata così con molto tempo a disposizione, e vedendo in questo tempo un potenziale prezioso ho voluto investirlo in corsi di formazione, seminari di marketing, aggiornamento professionale che mi hanno consentito di pianificare una strategia vincente basata sulla valorizzazione del territorio. Con un po’ di creatività personale e tanto studio, creando una rete con imprenditori e altre figure professionali, ho programmato percorsi di viaggio in cantine, aziende e agriturismi locali che consentissero ai clienti di vivere “viaggi sensoriali” indimenticabili.
Cosa è cambiato nel rapporto con il cliente?
Ho sempre educato il cliente, istruendolo e abituandolo al viaggio. Anche adesso, nella nuova situazione, ho fotografato e perlustrato i piccoli comuni per poter offrire un’esperienza di viaggio appagante e completa. Io vendo solo quello che faccio. La conoscenza e la consulenza fanno parte del mio lavoro, e curo nel dettaglio questo aspetto. Solo viaggiando e conoscendo a fondo un luogo, con le sue tradizioni, bellezze, specialità etniche e culinarie riesco a prendermi cura del cliente, consigliando qualcosa di cui ho totale cognizione e stima. Nella mia agenzia tenevo molto alla riservatezza, tanto da aver organizzato lo spazio per garantirla al cliente: dopo una prima stanza adibita a sala d’aspetto, accoglievo il cliente in una seconda camera privata. Amavo respirare quell’aria familiare e di amicizia col cliente. Venendo a mancare, chiusa l’agenzia per l’emergenza, questo aspetto, ho pensato di creare un gruppo intitolato “Turismo esperienziale delle donne per le donne”, dando vita a una community di circa cinquecento iscritti con l’idea di tener viva questa passione che ci unisce; io amministro il gruppo e pubblico spesso contenuti utili, consigli o immagini legate ai viaggi. Ho anche aperto un canale you tube, superando la mia ritrosia caratteriale, per dare continuità alla mia relazione con i clienti. “Cosa regalare a un viaggiatore”, “Cosa mettere in valigia”, tematiche dei miei video, diventano così spunti di riflessione e approfondimento per gli appassionati del genere.
Cosa ha rappresentato il viaggio nella sua esistenza?
Il viaggio sin da piccola è stato una mia passione, anche andare a casa della nonna per me significava emozione e condivisione; crescendo mi aggiornavo attraverso le riviste sognando sempre mete nuove. Il viaggio è diventato sinonimo di evasione nel periodo in cui lavoravo come impiegata, riuscivo così a interrompere, temporaneamente, una quotidianità che percepivo come pesante. La pianificazione, prenotazione, poi l’attesa e la partenza costituivano delle fasi esperienziali in grado di rendermi viva. Adesso che il lavoro che faccio mi appaga non percepisco la routine come opprimente. E ogni viaggio che progetto per gli altri genera un’intensa emozione anche in me.
A conti fatti, lascia un messaggio di speranza ai commercianti, anche in epoca di crisi. Quali sono stati i suoi trucchi, guardando indietro e tirando le somme, per rimanere a galla e trasformare in opportunità la difficoltà?
Non ostinarsi in una direzione, ma ascoltare i venti del cambiamento e seguirli, modificando se necessario la propria offerta; riconoscere il valore dei social, indispensabili oggi per la promozione di una grande impresa e investire il proprio tempo, bene impagabile, in attività formative, per offrire il meglio ai propri clienti.
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Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.