Siamo lontani dall’esplorazione di nuovi mondi sconosciuti, alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà che ci tengono con il naso all’insù e tanto ci fanno sognare. Dallo spazio la terra sembrerà bellissima nella sua unicità e senza barriere. Ma tornando giù con i piedi per terra, il nostro pianeta è pieno di muri e confini. Senza andare troppo lontano esaminiamo i confini dei nostri vicini europei. Dopo la destabilizzazione di due guerre mondiali in Europa nasce l’esigenza e l’idea di Unione! L’idea di una Unione Europea fondata sul “rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze” (art. 2 TUE). Così, insieme alla libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali, la libera circolazione delle persone diventa una delle quattro libertà fondamentali garantite dall’ordinamento giuridico dell’Unione Europea. Quest’ultima dapprima viene concepita per favorire il diritto ai lavoratori autonomi e subordinati di spostarsi all’interno del territorio comunitario, abolendo qualsiasi tipo di discriminazione fondata sulla nazionalità. Successivamente con gli Accordi Schengen del 1985 e con l’introduzione della cittadinanza europea nel Trattato di Maastricht, si avverte l’esigenza di estendere la libera circolazione delle persone in tutto il territorio UE, indipendentemente dallo svolgimento o meno di un’attività lavorativa. L’idea è quella di creare uno spazio di libera circolazione senza controlli alle frontiere, dove i cittadini e le merci possono muoversi liberamente e in piena autonomia. I principi fondamentali sanciti dalla Convenzione Schengen, prevedono una serie di libertà e accordi di cooperazione tra gli Stati membri. Innanzitutto la libertà, per i cittadini degli Stati aderenti all’accordo, di superare i confini di uno Stato aderente senza dover sottostare ad alcun controllo; ad eccezione di giustificati motivi, giustificati motivi di ordine pubblico, sicurezza e sanità come “ad esempio” lo scoppio di una pandemia! La convenzione prevede, inoltre, la collaborazione tra le forze di polizia degli Stati aderenti per fronteggiare i fenomeni mafiosi, spaccio di droga, traffico di armi e immigrazione clandestina. Di conseguenza, la creazione del SIS (sistema di informazione Schengen), ossia un sistema di informazione rapida tra le forze di polizia degli Stati aderenti per contrastare il crimine transazionale. Certo si fa quel che si può! Ma forse serve qualche sforzo maggiore per perseguire quel concetto di Unione prima richiamato. Si è molto discusso e criticato l’accordo Schengen, difatti alcuni paesi hanno ripristinato i controlli alle frontiere soprattutto dopo gli attacchi terroristici, i flussi dei migranti rifugiati e non ultima per importanza l’emergenza sanitaria su scala globale. Eppure si necessita la collaborazione di tutti gli Stati membri per consentire che servizi e beni di prima necessità siano sempre disponibili in ogni paese in modo “unitario”. Forse, proprio in questo momento di incertezza e sconforto globale, serve uno sforzo maggiore della semplice idea politically incorrect di “Unione”.
“I confini danno sicurezza. Ci permettono di sapere come, dove e quando muoverci. Ci consentono di agire con fiducia. Per avere questo ruolo, per imporre ordine al caos, rendere il mondo comprensibile e vivibile, i confini devono essere concretamente tracciati”. (Z. Bauman)
Sono Simona, avvocato, docente di Diritto e criminologa. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Catania. La curiosità verso quei circuiti e/o cortocircuiti della mente e dell’ambiente circostante mi ha portato ad esplorare tanti micro mondi lasciati nell’ombra. L’obiettivo è quello di dare visibilità agli invisibili, raccontando il mondo con serietà ed una buona dose di ironia. Ispirata dalla ricerca di quella Dea cieca che spinge una “mini-toga” a guardare sempre avanti con impegno. Il mio biglietto da visita: “Lo si voglia o non lo si voglia, io giustizia e verità impongo!” (Dario Fo).