Di Andrea Scirè.
Fotografo di Strada e Visual Designer, founder di fotostreet.it, noto blog italiano dedicato alla fotografia di strada.
In un periodo di restrizioni da covid, in un momento storico in cui le strade diventano vuote e le case ritrovano quella familiarità perduta… a quelli come me, abituati a danzare con il proprio mezzo fotografico al ritmo della dailylife, non resta altro che proseguire, in casa, quel continuo processo di ricerca sull’umano vivere e sull’umano percepire. Allora accade che una, mille, centomila domande in sospeso assalgono la tua mente, facendoti piombare in riflessioni, crisi e analisi dell’immagine che vanno ben oltre la banalità di mere regolette compositive. Una sorta di metafisica dell’immagine in cui tutto, e dico tutto, ha un peso, dai vuoti ai limiti fisici del fotogramma. Del resto è vero, ci accorgiamo dell’importanza delle cose e delle persone solo quando queste non vi sono più. Lo stesso accade in un fotogramma, con l’attenuante che quelle assenze molto spesso dipendono dalla nostra volontà. Al tempo del covid, la mancanza, l’assenza, il vuoto sociale, sta lentamente abituando i nostri occhi al resto ed è proprio questo meraviglioso resto, che spesso, dà peso alle nostre immagini. Un vuoto che compensa il pieno in un equilibrio formale che, in presenza di un contenuto, di un messaggio, rende interessante una foto. Paradossalmente è come risvegliarsi e guardarsi intorno… sento di persone che riscoprono le architetture, i suoni, la bellezza di una panchina inaccessibile o di un parco chiuso.
UNA QUESTIONE DI “FOCUS”
Parliamoci chiaro, il 90% delle persone quando scatta una foto, si concentra esclusivamente sul soggetto principale e dunque linee di sfondo, i pattern cromatici, luci e ombre al di fuori di questo, diventano solo elementi distintivi di foto poco interessanti.
Ad aggravare la situazione, quelle aree che erroneamente entrano in scena e quelle che invece essendo state, erroneamente, escluse tolgono peso narrativo alle nostre foto.
Mi chiedo dunque, quanti di voi hanno piena consapevolezza, durante uno scatto fotografico, di ciò che verrà escluso? Avete mai riflettuto su quanto un’assenza possa dar valore alle vostre immagini? E soprattutto vi siete mai chiesti perché state escludendo un qualcosa? L’esclusione porta ad una interpretazione personale del reale, fa emergere una visione autoriale, mai assoluta, ma comunque interessante. L’assenza, l’esclusione, il vuoto, la mancanza in fotografia diviene dunque rivelatrice di un pensiero, figlia del nostro retaggio e della nostra storia. Rivelatrice di noi stessi. Escludere un qualcosa, incrementare lo spazio negativo attorno ad un soggetto alza la soglia dell’attenzione dell’osservatore e sottolinea il soggetto stesso. Ecco allora svelato il perché troviamo incantevoli le immagini di Franco Fontana e fortemente drammatiche alcune immagini della Shoah fatte di soli sguardi privi di controcampo. È tempo dunque di riscoprire la bellezza dell’assenza anche nei nostri scatti, indagando su di essi per comprendere un po’ più su noi stessi.
“Monologhi d’autore” è uno spazio d’intervento riservato alla libera creatività di persone competenti che intendano condividere vissuto o esperienze, professionalità o approfondimenti culturali a beneficio dei lettori di Spazi Esclusi.
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