Arrivare qui in aprile, con le strade costeggiate da campagne punteggiate di margherite gialle; il giallo di quelle margherite è il colore della mia primavera: piccoli astri in un cielo verde. Modica ci aspetta lì, tra campagna e mare, vestita di barocco e profumata di cioccolata, la sua caratteristica cioccolata: ruvida, forte, dolcissima, esattamente come questa terra.
Attraversando le vie del centro storico mi tornano in mente alcuni versi attribuiti a Salvatore Quasimodo e rinvenuti non molto tempo fa: Sentieri velati da un tratto eterno: basole tra scorci di storica passione; a passi tardi rinvengo in cor mio nascituro sguardo che soave m’attrista. Si pensa siano versi dedicati proprio a Modica, sua città natale. In queste parole si ritrova una città antica, dolcemente malinconica e allo stesso tempo viva. Pasqua è vicina, non c’è pasticceria che non esponga le proprie meraviglie in una festa di colori, fiori di zucchero e nastri color pastello. I dolci sono barocchi alla stregua della città che li accoglie, candide glasse di zucchero ne rivestono alcuni rendendoli belli come porcellane. Tutto è un tripudio alla vita e alla primavera che ormai è arrivata a far esplodere la natura: Ed ecco sul tronco si rompono le gemme – scrive il poeta modicano che oggi sembra voler accompagnare ogni mio passo – un verde più nuovo dell’erba che il cuore riposa: il tronco pareva morto, piegato sul botro.Riccioli di pasta di mandorle belli come le sculture che reggono i balconi dei palazzi antichi, morbidi come le linee delle loro ringhiere che, bombate verso l’esterno, accoglievano le vesti rigonfie delle donne del tempo. È un viaggio tra presente e passato, la storia tende la mano al futuro in una giostra di sensazioni e profumi. Lo zucchero della ruvida cioccolata, che nulla ha a che vedere con il comune concetto di “tavoletta di cioccolata”, scorre sotto i denti e non può che ricordare le merende sulla spiaggia e i granelli di sabbia portati dal vento e finiti inevitabilmente in bocca. La si odia o la si ama questa cioccolata, non ci sono mezze misure. La si odia o la si ama questa terra. Ma se torno a tue rive e dolce voce al canto chiama da strada timorosa non so se infanzia o amore, ansia d’altri cieli mi volge, e mi nascondo nelle perdute cose,così le rendeva omaggio il nostro poeta e così vogliamo ricordarla noi, mentre ci allontaniamo da questo angolo di passato, salutati dalle cupole delle chiese candide baciate dal sole che tramonta su questa giornata dolce e un po’ pigra, come solo l’aria di primavera sa essere.
Mi chiamo Barbara, diplomata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Perugia, sono da sempre appassionata di Arte e Antiquariato. Amo associare l’idea di viaggio a quella di immersione nell’arte, ritenendo il mondo un prezioso scrigno colmo di tesori. La scrittura di racconti e la compagnia dei libri sono la mia vita ed è a loro che mi dedico con passione perché, citando Umberto Eco, “chi legge avrà vissuto 5000 anni, c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.
fiorino
1 Aprile 2021 — 14:17
bella bella bella….veramente bella