Eccoci di nuovo, e nel bel mezzo di febbraio, il mese breve, delle febbri e dell’amore. Che il sentimento sia un dolce malanno, e spesso duri poco, è a tutti noto. A noi è sembrato d’obbligo occuparcene, e in base alle sue più inaspettate angolazioni, secondo gli inediti filtri dei diversi settori culturali. Cultura e amore non rimano, ma si accordano sempre, già dall’antica tesi di Platone secondo cui il filosofo è amante del sapere, un appassionato, infuocato, irrequieto essere bramoso del suo oggetto, proprio come un qualunque innamorato di cui il 14 febbraio onora l’esistenza. In questa data, nel 274, Valentino da Terni, a soli ventuno anni, fu decapitato. Se la sua morte ci ricorda che l’amore fa perdere la testa, la sua vita è invece costellata di atti gentili verso gli innamorati, e celebra l’unione al tempo della divisione, perché pare che il noto santo consacrasse legami proibiti, tra un pagano e una cristiana, per esempio. E a pensarci l’amore non fa altro! Unisce due cose che insieme proprio non possono stare, o sembrano le meno adatte ad accompagnarsi: due esseri umani, per esempio, ciascuno col proprio ego per sua natura inconciliabile con l’altrui, o peggio, un uomo e una donna, altro significativo esempio. E ci ricorda, intanto, che è una forza potente perché contrasta le divisioni e salda, in intrecci possibili, realtà che tenderebbero all’autonomia più sfrenata. Così nascono le famiglie, le amicizie, le collaborazioni, e tutte le sottospecie di unioni che sono un braccio di ferro sociale, morale e culturale contro la naturale tendenza umana all’egoismo, al vantaggio personale, alla solitudine, che a volte trovano il modo di filtrare comunque dentro quei paradisi artificiali, contaminandoli e soffocandoli, e minacciandone la quieta esistenza. Ma il braccio di ferro è più forte, le fedi, le firme, i patti sociali, le strette di mano e gli abbracci continuano, e l’amore vince. Anche quello cristianissimo e puro che si sovrappone alle tracce di un’altra festa, pagana, i Lupercali, che celebravano l’amore quando non era un correttivo sociale ma un istinto poderoso: la fertilità, l’inconscio, la rinascita, la natura occulta, la rinascita ciclica, l’accoppiamento selvaggio. Perché l’amore ha due facce, come tutto, e pure ripulito di poesia nella sua versione moderna, continua a trasmetterci il suo fondo oscuro e misterioso: la sua origine antica che brucia di verità anche oggi.
Mi chiamo Irene e sono il direttore di questo magazine on line, fondato con l’Associazione Culturale “Le Ciliegie”. Nel lontano 2003 mi sono laureata in Filosofia con 110 su 110 e lode, tesi in Bioetica sull’esistenzialismo francese, e proprio come Jean Paul Sartre, mio filosofo del cuore, ho idea che “terminerò la mia vita esattamente come l’ho iniziata: tra i libri”. Sono una giornalista culturale e una docente di Filosofia e Storia: il giornalismo è la mia scusa per scrivere, l’insegnamento la mia palestra. Ma la verità, dietro tutte queste maschere di carne, è che sono una scrittrice, e scorre inchiostro nelle mie vene.