Non chiamiamola recensione di un libro, né tantomeno di un film, ma racconto di uno degli innumerevoli volti della disabilità. Di chi fisicamente la vive e di chi ha trovato una strada per accostarsi ad essa in modo positivo.
Andrea aveva una scritta “né troppo grande, né troppo piccola” sulle sue maglie colorate: se ti abbraccio non aver paura. Suona come un ossimoro, ma è reale. Se la disabilità non si vive nel quotidiano mette paura, proprio come metteva paura l’impulso di Andrea di abbracciare con forza i compagni di classe. Accanto ad Andrea c’è Franco Antonello, un padre con la “P” maiuscola che si è inventato le scritte sulle magliette e una infinità di altre azioni per accompagnare suo figlio e, possibilmente, le altre 400.000 famiglie italiane a cui un disturbo simile ha guastato la vita. L’ultima in ordine di tempo è la Banca del Tempo Sociale, progetto solidale in ambito scolastico che costruisce legami tra giovani. Già attivo in diverse scuole della penisola, prime tra tutte quelle di Trento e Bolzano, promuove l’incontro periodico tra 10 ragazzi disabili e 30 liceali, con una ricaduta didattica in termini di crediti formativi. Due ore alla settimana di tempo dedicato, trame di condivisione e amicizia tessute con l’auspicio che si consolidino e pongano rimedio a solitudine e impedimenti.
Tutto è cominciato nel 2005 con la creazione dell’impresa sociale “I bambini delle fate”, che si occupa di raccolta fondi coinvolgendo imprenditori e cittadini. Anche Franco è un imprenditore e ha potuto permettersi di lasciare il suo lavoro per abbracciare progetti di inclusione, dando voce e risposte ad altri genitori meno forti e meno fortunati. Nel 2012 Se ti abbraccio non aver paura è diventato un libro emozionante di Fulvio Ervas, tradotto in ben 8 lingue. Esso percorre i giorni di Franco e Andrea tra Stati Uniti e America Latina: un lungo viaggio in moto per sfidare i luoghi comuni sull’autismo (perché con questa disabilità Andrea convive dall’età di due anni). La loro avventura ha ispirato il regista Gabriele Salvatores, che ne ha fatto da poco una pellicola. Tutto il mio folle amore racconta il dramma con empatia e leggerezza, perché possa servire a relativizzarlo.
Tra le righe del libro si legge l’ansia di Franco per il domani. Alle ultime pagine riserva il suo sfogo, ancora una volta come se le sue parole accogliessero i timori di tutti i padri. Non sa pensarci lucidamente al futuro dopo di lui, preferisce affidarsi all’immaginazione e andare avanti sporcandosi le mani nell’attesa.
Sono Iolanda, giovane insegnante di Lingue straniere, traduttrice ed esterofila. Ho studiato a Catania e poi a Roma, passando per Madrid. Ci ho messo poco a capire che la mia vita sarebbe girata intorno al mondo della formazione dei giovani. Vorrei che tutti loro imparassero ad amare le culture straniere, oltre che le lingue. Perché gli idiomi sono strumenti che, allo stesso tempo, rivelano integrazione e tutelano identità.