Nell’immaginario collettivo l’uomo riveste il ruolo del persecutore e la donna quello di vittima. Eppure esiste una nutrita casistica di donne autrici di stalking. Diciamo la verità in quanto a terrore e paura non siamo seconde a nessuno! Il punto cardine dello stalking è la paura! La paura costante e reiterata generata da comportamenti intrusivi ed indesiderati che alterano lo stile di vita e generano sofferenza psicologica. Secondo molti studiosi ci sarebbe una distorsione nella comunicazione che viene definita “malinteso originario” ossia una disparità di percezione nella relazione tra stalker e vittima. Lo stalker interpreta come segnali di affetto quelli che in realtà sono comportamenti di pura cortesia. In una società dove la gentilezza è un fenomeno raro, lo stalker confonde questa gentilezza con disponibilità. Da un punto di vista strettamente criminologico la donna stalker rientra in due categorie, quella del “rifiutato” e quella del “risentito”. La stalker rifiutata inizia le molestie dopo l’interruzione del legame affettivo che non è necessariamente sentimentale. L’interruzione del legame viene vista come qualcosa di insostenibile ed attraverso la molestia la donna stalker rivive il legame che è stato reciso. Invece la stalker risentita è ossessionata dal desiderio di rivalsa. L’obiettivo delle sue molestie è quello di generare paura e angoscia nella vittima. Nella donna stalker è fondamentale l’esistenza di una precedente relazione con la vittima per mettere in atto comportamenti molesti. Difficilmente la donna cerca un oggetto di amore che sia puramente virtuale, cerca più frequentemente il contatto con la vittima attraverso telefonate, lettere, passando da comportamenti aggressivi mirati e orientati al controllo. La donna stalker perseguita sia uomini che donne ed attua una molestia più sofisticata che va oltre la semplice sofferenza fisica, mira a distruggere i rapporti di coppia e la carriera professionale della vittima. Dopo aver terrorizzato gli uomini è bene precisare che lo stalking non è un fenomeno omogeneo esistono varie tipologie e prescinde dal genere.
Nel 2009 con il “decreto sicurezza” viene introdotta l’art. 612 bis c.p. che si riferisce più precisamente ad “atti persecutori”. Alla base del reato vi è proprio la serialità dei comportamenti che si susseguono e durano nel tempo. La varietà di chi pone in atto condotte moleste come detto è ampia ed oscilla dal perfetto sconosciuto, al conoscente occasionale all’ex partner. Nel corso degli anni infatti la giurisprudenza ha riconosciuto altre forme di atti persecutori per cui potremmo imbatterci nello “stalking condominiale”, se il molestatore assillante è il nostro vicino di casa , di “stalking nell’ambito dei rapporti professionali” sul luogo di lavoro a danno di un collega o di un subordinato, di “stalking familiare” ossia gli atti persecutori nell’ambito di un nucleo familiare ed anche di “stalking informatico” dove invece il mezzo per perseguitare la vittima è virtuale. Considerata la singolarità della fattispecie il legislatore ha differenziato le strategie percorribili da chi è vittima dello stalking: l’ammonimento del questore e la querela di parte. Nel caso non dovesse bastare, il giudice dispone di provvedimenti più idonei e repressivi a tutela della vittima.
Sono Simona, avvocato, docente di Diritto e criminologa. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Catania. La curiosità verso quei circuiti e/o cortocircuiti della mente e dell’ambiente circostante mi ha portato ad esplorare tanti micro mondi lasciati nell’ombra. L’obiettivo è quello di dare visibilità agli invisibili, raccontando il mondo con serietà ed una buona dose di ironia. Ispirata dalla ricerca di quella Dea cieca che spinge una “mini-toga” a guardare sempre avanti con impegno. Il mio biglietto da visita: “Lo si voglia o non lo si voglia, io giustizia e verità impongo!” (Dario Fo).