È pieno inverno a Sofia, il monte Vitosha è imbiancato ma la città mi si offre stranamente tiepida per gli standard dell’inverno bulgaro. Il taxi attraversa la periferia dall’aeroporto al centro presentandomi immagini che scorrono dal finestrino diverse tra loro, frame di un film montato male, eppure appartenenti alla stessa Sofia: grigi quartieri dormitorio, parchi dagli alberi alti ed austeri, edifici pubblici dalle linee eleganti e monumenti risalenti ad un periodo di rivoluzioni ed un comunismo passato. È ancora presto e decido di sedermi ad un caffè sul Boulevard Vitosha, una larga strada pedonale, moderna, piena di vetrine e locali dove attardarsi bevendo qualcosa di caldo mentre turisti e gente del posto passeggiano e fanno shopping.
Penso alle tante culture che hanno attraversato questa città dall’affascinante decadenza e a quanto sia anonima questa via metropolitana così uguale a tante altre. Il profumo di un sigaro mi invita a lasciare il caldo del locale, tra tintinnii di bicchieri e musica pop, per seguirlo fuori, all’aria aperta, frizzante, prendendo vie secondarie e bohémien, dove si affacciano ville liberty, talvolta trascurate, dai colori pastello e l’aria nostalgica. D’un tratto m’ immagino al braccio di un anziano signore, bulgaro di nascita, inglese d’adozione, tedesco per lingua ed ebreo per origini che mentre scende la sera mormora a se stesso: “I giorni vengono tutti distinti tra loro, ma la notte ha un unico nome.” Non ho più dubbi, sto passeggiando al braccio dello spirito di un premio Nobel, al braccio di Elias Canetti.
Questa zona raccolta della città invita a pensare, a guardarsi dentro e immagino la mia insolita guida passeggiare assorta prima delle peregrinazioni in giro per l’Europa, un’ Europa ferita da leggi razziali, dilaniata da guerre e follie tali da portare Canetti a scrivere: “Non vedo in nessun luogo un Dio della vita.” Il teatro, i saggi, gli acuti aforismi, la sua apertura d’animo e di mente mi accompagnano per le vie di questa timida capitale bulgara. Le chiese ortodosse avvolgono in una luce dorata e in un’atmosfera che regala Dio anche a chi non crede. “La cosa più dura per chi non crede in Dio è non avere nessuno cui dire grazie”, mi sembra di sentire sussurrare alla mia insolita guida mentre accendo una candela respirando profumo d’incenso.
Diversa l’atmosfera che si respira in sinagoga, luminosa e chiara, alleggerisce lo spirito come un sorso d’acqua fresca. Sofia non è sfacciatamente bella, la sua bellezza si scopre piano, come guardando occhi in cui, scriveva Canetti: “Si affoga dentro, ci si perde e non si sa più dove si è.” Ormai è buio, ho un brivido di freddo, non sento più il calore di uno spirito amico che mi porge il braccio, scorgo un’ombra girare l’angolo avvolta dall’ aromatico fumo di un sigaro. Sorrido serena entrando nel mio albergo. Grazie maestro, grazie dolce e timida Sofia!
Mi chiamo Barbara, diplomata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Perugia, sono da sempre appassionata di Arte e Antiquariato. Amo associare l’idea di viaggio a quella di immersione nell’arte, ritenendo il mondo un prezioso scrigno colmo di tesori. La scrittura di racconti e la compagnia dei libri sono la mia vita ed è a loro che mi dedico con passione perché, citando Umberto Eco, “chi legge avrà vissuto 5000 anni, c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.