A Mente Aperta è una rubrica sul sociale che non vuole convincere, ma offrire opportunità: per conoscere, prendere consapevolezza e poi, forse, riflettere sul valore dell’incontro con gli altri. In questa prima occasione parliamo della lingua come strumento di connessione tra culture e, in particolare, di apprendimento dell’ italiano lingua seconda (L2). Ma cosa intendiamo esattamente per L2? La lingua seconda è la lingua che si impara nell’ambiente in cui si parla e il cui apprendimento è facilitato da una varietà di stimoli spontanei. Per esempio, se sono francese e imparo la lingua italiana in Italia, quest’ultima diventa la mia lingua seconda perché non mi limito a studiarla a scuola, come una semplice lingua straniera, ma la utilizzo come mezzo di comunicazione quotidiano. L’italiano lingua seconda viene insegnato ai turisti che vengono a conoscere la nostra cultura insieme al nostro patrimonio artistico, agli studenti stranieri che per la prima volta si trovano a frequentare le nostre scuole o le nostre università e ai migranti, quelli che sono sbarcati in Italia nella speranza di una vita migliore e vivono nei centri di accoglienza. Niente frequenza obbligatoria, non stiamo parlando di una scuola ordinaria. L’italiano si impara per scelta, all’interno di enormi container, ma le classi sono ugualmente sempre piene. Panche in legno, i quaderni poggiati sulle ginocchia, una lavagna e qualche pennarello, quando è disponibile. La maestra o il maestro (così vengono chiamati per convenzione) in piedi e almeno una sessantina di giovani, occhi color ambra, attenti e in religioso silenzio. L’alfabeto, il verbo essere, una canzone… e passo dopo passo si impara a parlare e anche a scrivere. Le lezioni sono uno scambio costante, nella loro semplicità: innumerevoli i momenti di confronto e di condivisione tra studenti, che talvolta lasciano affiorare “pezzi” delle loro vite precedenti. Non parlano solo dialetti locali, usano correntemente la lingua inglese, quella francese o quella araba; avrebbero già gli strumenti linguistici per potersi orientare una volta ottenuto il permesso di soggiorno, ma riconoscono nell’italiano un’opportunità da non perdere per entrare a far parte del nostro mondo. In un paese come l’Italia, profondamente legato alle proprie radici e con una scarsa apertura al plurilinguismo, sapersi esprimere correttamente equivaleva, di fatto, a esibire un passaporto valido, un lasciapassare per la “retta via”. Il mondo di oggi, quello degli ultimi giorni, sembra però volersi orientare in maniera diversa. L’italiano sarà ancora la lingua seconda di molti? Sì, ma solo di quelli che avranno il permesso di impararlo. Per chi non godrà di questo privilegio tornerà ad essere lingua straniera.
Sono Iolanda, giovane insegnante di Lingue straniere, traduttrice ed esterofila. Ho studiato a Catania e poi a Roma, passando per Madrid. Ci ho messo poco a capire che la mia vita sarebbe girata intorno al mondo della formazione dei giovani. Vorrei che tutti loro imparassero ad amare le culture straniere, oltre che le lingue. Perché gli idiomi sono strumenti che, allo stesso tempo, rivelano integrazione e tutelano identità.