Questa è la rubrica di un biologo che vuole mostrare ai suoi lettori come appare il mondo, se guardato attraverso il filtro delle competenze che derivano da anni di studio, passione, dedizione e curiosità. Presentando la rubrica, è il caso di soffermarsi sul suo titolo e spiegarne il significato: perché “la cozza di Schrödinger”. Il lettore si chiederà perché scomodare la meccanica quantistica e lo stesso Schrödinger accostandolo, peraltro, ad un mitilo.

Idrozoi, Gastrotrichi, Briozoi, Tardigradi

Il celebre paradosso “Il gatto di Schrödinger”, ancora oggi oggetto di attenzione (questo il link all’ultimo articolo pubblicato su Nature Communications: https://www.nature.com/articles/d41586-018-06749-8), descrive un esperimento concettuale in cui il celebre felino è chiuso in una scatola nella quale è presente un’ampolla che contiene un gas letale che può sprigionarsi, oppure no, indipendentemente dall’apertura della scatola stessa. Il gatto si trova quindi in uno stato in cui “vivo” e “morto” esistono con la stessa probabilità. In poche parole, il gatto è, contemporaneamente, “vivo” e “morto” finché l’osservatore non apre la scatola assumendosi, paradossalmente, la responsabilità dell’esito dell’esperimento. Perché il mitilo? Una cozza cruda può essere, per chiunque, “innocua” o “nociva” con la stessa probabilità. Quando invece si è un biologo e si diventa coscienti del fatto che, per nutrirsi, il mitilo filtra l’acqua trattenendo cibo ed inevitabili impurità (tra le quali anche pericolosissimi batteri), la cozza cruda diventa “nociva” in maniera (quasi) definitiva, e si finisce col guardarla per sempre con sospetto. L’essere biologo decide la natura, innocua o nociva, della cozza. Un biologo che guarda il mondo è così: più disilluso, e usa più distinguo. Un biologo sa dove trovare gli animali invisibili. Tra questi animali invisibili (ne riparleremo anche nel secondo numero di questo magazine) vi è il Mesopsammon, ovvero la microfauna (invisibile ad occhio nudo) che vive negli “spazi vuoti”, cioè negli interstizi esistenti tra i granelli di sabbia, di ghiaia o le rocce. In definitiva si tratta di quell’insieme di esseri viventi che formano, appunto, la fauna interstiziale di fiumi, laghi, mari e acque sotterranee, e tra i quali troviamo protozoi, rotiferi, tardigradi, crostacei, vermi e larve di alcuni insetti. Tutti questi organismi possiedono aspetti morfologici specializzati e convergenti: capo generalmente allungato ed appiattito, occhi ridotti o assenti, scarsa pigmentazione, possesso di papille adesive; si nutrono di detriti organici, alghe unicellulari ed altri microrganismi. Il Mesopsammon fa da interfaccia con gli altri e svariati organismi che occupano spazi che si trovano in rapporto di contiguità e continuità con la fauna interstiziale. Come per il paradosso di Schrödinger, è possibile tracciare un parallelismo tra biologi e Mesopsammon: a prescindere dalla specializzazione che il biologo possiede e che può essere di varia natura (dalla biologia marina alla biologia molecolare, dalla patologia clinica alla tassonomia vegetale), questi si inserisce in un dipartimento scientifico facendo da interfaccia tra altre figure specialistiche. Alla luce di questo, il sottotitolo di questo articolo sarebbe: “I biologi, ovvero la fauna interstiziale dei dipartimenti scientifici”.